Quando presentò la mezza cartellina con il mirabolante progetto, la Fiat aveva già sottoscritto gli accordi per la fabbrica in Serbia e aveva intenzione di siglarne altri in Russia e in Cina, doveva racimolare almeno 8 miliardi per ripagare in fretta i prestiti di Usa e Canada alla Chrysler e altri miliardi per arrivare alla maggioranza di almeno il 51% nell’azienda americana: soldi reperiti nel mercato e che dovranno essere restituiti. Tutto questo nel bel mezzo di un declino strutturale del mercato automobilistico europeo, di cui una Fiat con casse e cassetti vuoti, non poteva che fare la parte del fanalino di coda. Naturale che Marchionne tutto poteva aspettarsi salvo che qualcuno ci credesse davvero a “Fabbrica Italia” o nel miracolo dovuto alla riduzione dei tempi di pisciaggio.
Invece poveretto scopre di essere stato circondato da allodole che oggi gracchiano come corvi e fanno finta a loro volta di cadere dalle nuvole. Se però tutto questo facesse parte di una Olimpiade della disonestà, Marchionne arriverebbe ultimo: lui ha sparato solo una balla grande come una casa, gli altri da Ichino a Bonanni, passando per Angeletti , i “responsabili” chierici del centro sinistra, i tenutari di bordelli berlusconiani e i raffinati analisti dei grandi giornali, hanno mentito quando hanno fatto finta di crederci e mentono ora quando recitano la commedia della buona fede. L’alternativa è poco allentante: andare dal notaio e dichiararsi ufficialmente una congrega di cretini.
Invece assisteremo a una nuova commediola, con le solite bugie carrozzate Fiat e una rinnovata finzione. Capirete tra Passera, Fornero e Monti, siamo in una botte di ferro.