A cinque anni dal doloroso evento "il Risveglio"
ricorda quel maggio di morte e distruzione
Un conto è vederle sfogliando un vecchio album o un libro di memorie, un altro è vederle scorrere davanti agli occhi in una sequenza drammatica che prende alla gola lo spettatore e riaccende nel cuore emozioni mai sopite del tutto.
Sono le immagini del bel documentario “1944: Fidenza sotto le bombe” promosso dalle associazioni “A riva la machina”, “Rover Joe”, “Tracce di storia” e curato da Valentino Straser (ricerche storiche) e Giampaolo Raschi (regia). L’evento, inserito nelle manifestazioni della Fiera di san Donnino, ha radunato al teatro Magnani il pubblico delle grandi occasioni: il tempio dell’arte era gremitissimo e molti purtroppo hanno dovuto rimanere fuori. Presentata con garbo e misura da Graziano Tonelli, direttore dell’Archivio di Stato a Parma, la serata prima della proiezione ha visto salire sul palco -oltre agli autori- il sindaco di Fidenza Andrea Massari e il prefetto di Parma Giuseppe Forlani. “Sono particolarmente orgoglioso di questo documentario” ha esordito Massari “perché non solo vuole rendere omaggio alla memoria storica di quel terribile maggio 1944 (162 le vittime) e a quelli che lo hanno vissuto sulla propria pelle, ma anche porre in evidenza le radici dalle quali proveniamo. La ricostruzione di Fidenza è stato il primo segno tangibile di una città che, pur gravemente segnata dalle ferite della guerra, ha saputo rialzarsi per ridare alla popolazione fiducia e speranza in un futuro migliore”. Anche il prefetto Forlani, ha ricordato l’epoca della ricostruzione: “Non dimentichiamoci mai che a fare la storia non sono le date, ma le persone”. È stata poi la volta di Alberto Campanini (presidente di “A riva la machina e “River Joe”) che ha raccontato come è nato il progetto, grazie anche alla documentazione rinvenuta negli archivi statunitensi e al materiale fornito dai privati. Valentino Straser ha sottolineato l’importanza della memoria storica come testamento morale che viene tramandato di generazione in generazione mentre a Giampaolo Raschi sono rimasti impressi nella mente la capacità di resistere alle avversità, il senso della solidarietà diffusa e l’indomito coraggio mostrato dalla gente comune, a testimonianza di un’umanità che difende orgogliosamente la propria dignità. Ed eccoli i testimoni che abbiamo visto nel documentario rievocare quel terribile 13 maggio 1944: Nando Barborini, Lina Cremona, Augusto Dotti, Gina Dotti in Bianchi, Renato Frati, Anna Germani, Evio Lori, Sergio Marvisi, Pia Pavarani, Rino Piccinini, Maria Pizzati, Franco Plizza e Romolo Vanicelli. I loro racconti commuovono ancora per la grande umanità che li accompagna: non solo il desiderio di mettersi in salvo mentre piovevano su Fidenza bombe a grappoli (a fine guerra si conteranno 1.124 ordigni), ma anche quello di cercare i propri cari e di aiutare i feriti. Con le mani strette alla coroncina del rosario (ma anche senza) in una preghiera accorata che non aveva mai fine . Alla fine il sindaco ha consegnato una pergamena ai testimoni e un riconoscimento speciale a p. Francesco Bocchi, guardiano del convento dei cappuccini, per l’opera generosa svolta dai frati nel raccogliere su rudimentali carriole le vittime perché fossero consegnate ai loro cari prima della sepoltura. Giustissimo il riconoscimento ai frati, ma perché sia nel documentario che nelle testimonianze dirette non è stato fatto alcun cenno al Vescovo dell’epoca, mons. Francesco Giberti? Eppure, nella causa di beatificazione che la Diocesi ha istruito nel 2004 sono numerose le deposizioni di chi vide mons. Giberti prodigarsi con amorevole zelo a favore dei feriti, prenderli fra le braccia in mezzo alle macerie e caricarli sull’ambulanza. Un’omissione che certo non inficia il giudizio positivo nei riguardi del documentario e dei suoi autori, ma che lascia pur sempre con l’amaro in bocca. (M.F. )