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Fuga di cervelli
(Italia 2013)
Regia: Paolo Ruffini
Sceneggiatura: Paolo Ruffini, Nicola Guaglianone, Menotti
Ispirato al film: Fuga de cerebros
Cast: Luca Peracino, Paolo Ruffini, Guglielmo Scilla, Frank Matano, Andrea Pisani, Olga Kent, Niccolò Senni, Gaia Messerklinger, Giulia Ottonello, Biagio Izzo, Daniel McVicar
Genere: di ‘sto cazzo
Se ti piace guarda anche: Fuga de cerebros, Notte prima degli esami, I soliti idioti
Pure io me le vado a cercare. Lo so, lo so. Ogni tanto però non posso fare a meno di assecondare il mio istinto masochista e infliggermi del male con delle pellicole atroci. I segnali allarmanti erano per altro ben visibili. Innanzitutto, Fuga di cervelli è una produzione Colorado Film. Per chi non lo sapesse, beato lui, Colorado è la versione meno divertente di un programma già ben poco esilarante come
Zelig. Colorado in alcune occasioni ha realizzato persino delle puntate intere dedicate alle
parodie di pellicole famose come Il signore degli anelli e, per quanto io adori le parodie, persino quelle più scrause, quelle del programma di Italia 1 non facevano ridere manco per sbaglio.
Come secondo elemento preoccupante, Fuga di cervelli rappresenta l’esordio alla regia di
Paolo Ruffini. Chi cazzo è Paolo Ruffini?
Dopo un piccolo ruolo in Ovosodo, Paolo Ruffini ha iniziato la sua "folgorante" carriera a Mtv. Ecco, a me piacciono praticamente tutti quelli che hanno lavorato a Mtv. Persino i puliscicessi e persino il Nongio che ultimamente si è sputtanato tra film di Neri Parenti e I soliti idioti. Ma i soliti idioti, pure il
secondo terribile film, appaiono dei soliti geni della comicità, al confronto del Ruffini. E io Ruffini non lo sopporto. È l’unico nella storia di Mtv che non mi è mai piaciuto e continuerà a non piacermi mai.
Ulteriore campanello d’allarme, ancora prima di iniziare la visione, è che Fuga di cervelli è il remake di una pellicola spagnola campione di incassi in patria, Fuga de cerebros. Quando noi italiani copiamo gli spagnoli, sono cazzi amari. Basta vedere I Cesaroni, format tratto dalla serie iberica Los Serrano.
Il cast di Los Serrano.
Fanno quasi rimpiangere Branciamore e la Mastronardi. Ho detto quasi.
Paolo Ruffini nella parte dello scemo.
Ah no, scusate, nella parte del cieco.
Nonostante tali segnali facevano temere il peggio, mi sono avventurato comunque a guardare quest’opera prima (e spero anche ultima) del regista Ruffini, sperando che almeno un paio di risate me le avrebbe regalate. In fondo l’idea alla base della pellicola, che poi credo sia del tutto rubata all’originale spagnolo, non è così male. L’intenzione è quella di realizzare una versione europea delle commedie goliardiche adolescenziali americane, dei college movies in particolare. Un genere che nel corso del tempo ci ha regalato vari spassosi esempi, dal leggendario Animal House arrivando al
cult di quando ero ggiovane io American Pie e seguiti vari, passando per gli anni ’80 de La rivincita dei nerds. Come in quest’ultimo film, anche qui i protagonisti sono degli emarginati sociali, degli outsiders. Uno è un ragazzo cieco, un altro è su una sedia a rotelle, c’è lo spacciatore tossico di nome Lebowski, c’è un tizio scemo, ma scemo forte, e poi c’è il protagonista principale Emilio che è uno sfigato che nel corso della sua vita ha avuto vari problemi fisici.
"Ma questo è un tram di Torino, non un tram inglese.
Se ne accorgerebbe anche un Ruffini finto cieco."
Questo però non è solo un college movie demenziale e irriverente (ma dove?), è anche una grande storia d’amore. Emilio è innamorato perso della sua amica d’infanzia Nadia, interpretata da Olga Kent, attrice moldava topa a livello fisico ma cagna a livello recitativo come poche. Così come nel resto del cast Guglielmo Scilla in arte Willwoosh riesce a mascherare poco, dietro gli occhiali da sole perennemente indossati, le sue scarse capacità interpretative. Anche se, va detto, niente in confronto a Paolo Ruffini che, nella parte del cieco, offre la prova recitativa peggiore nella storia del cinema. Se questo può essere considerato cinema e non giusto uno sketch tirato troppo per le lunghe di Colorado.
Tornando alla storia, un bel giorno, anzi un brutto giorno per Emilio, Nadia viene accettata a
Oxford e parte per l’Inghilterra. A questo punto, gli amici di Emilio lo convincono ad andare a Oxford pure lui e in quattro e quattr’otto questi cinque ritardati riescono a falsificare la loro iscrizione a una delle università più prestigiose del mondo.
"Aahahah, divertentissima questa scena!"
"Allora è meglio se la tagliamo, Paolo. Stona troppo con il resto del film..."
Tutto questo è giusto il pretesto per arrivare al punto fondamentale del film. Un’analisi sociale profonda della situazione giovanile attuale, che porta i talenti italiani (o spagnoli, nel caso dell’originale) a doversi trasferire all’estero per trovare fortuna?
Certo che no. Anche perché questi tizi di talento non ne hanno, manco nell’essere dei simpatici cazzari. Il cuore della pellicola sta invece nel vedere un gruppo di
ragazzi italiani disadattati, casinisti e arrapati alle prese con un serioso college inglese. Spunto che da solo basta per immaginare un film tanto sguaiato quanto divertente. E invece no. Il problema di Fuga di cervelli non è essere senza cervello. Che questa fosse una pellicola stupida, già lo si poteva mettere in conto e non ci si poteva aspettare altro. Il problema è che non fa ridere. È una commedia trash, ma trash forte, che ben presto dà noia, con il suo ripetere forzato di gag prive di idee. Persino la componente volgare è tenuta a bada e, nonostante qualche nudo e qualche parolaccia, niente va davvero all’infuori dei binari dell’imperante politically correct.
Il film è ricco di citazioni cinematografiche, da Il grande Lebowski a Non guardarmi: non ti sento, oltre ai college movies sopra nominati. Solo che non si tratta di rielaborazioni personali, come poteva ad esempio capitare nei primi validi lavori di Aldo, Giovanni e Giacomo Tre uomini e una gamba e Così è la vita, che citavano Tarantino come i Coen. Laddove in quei casi emergeva lo spirito cinefilo dei tre comici, qui è solo un semplice scopiazzare e rubare le idee in maniera per nulla fantasiosa e, soprattutto, per nulla divertente.
Nonostante le premesse iniziali non fossero delle migliori, un minimo di speranza di trovarsi di fronte a una via italiana alla commedia goliardica a stelle e strisce c’era comunque. Sarebbe stato bello trovarsi di fronte a un guilty pleasure stupido, ma in grado di far ridere. Uno di quei film che ti
vergogni ti siano piaciuti. Purtroppo non è così. La pellicolona d’esordio di Paolo Ruffini mi ha fatto giusto provare una gran pena e durante la visione non solo se n’è andato in fuga il mio cervello, ma pure il mio sorriso.
(voto 1/10)