Fighedomani: La Morte Nera

Da Lazitellaacida
Insomma ieri sono andata a correre. Dopo due anni dall'ultima volta. Dopo due anni dall'ultima volta in cui ho messo piede in palestra, se escludiamo yoga. Ma escludiamolo pure perché lo yoga che ho fatto io non aiuta di certo a ritrovare il fiato. Sì quel fiato che ieri mi chiedevo dove fosse. Fiato? Fiaaaaaaatoooo? Dove sei? Ho corso circa 5,7 km. In qualcosa come 35 minuti. Non ricordo bene i dettagli perché pur avendo fatto partire l'applicazione che traccia con il GPS il percorso, al momento di stopparla per segnalare la fine dell'allenamento il cellulare è morto. E io pure. Ma partiamo dall'inizio. Fighedomani e tutte cose già le sapete. Anche che il progetto sta procedendo benissimo, che il circolo virtuoso di motivazione sta funzionando e che tutte ci siamo messe a muovere il culo. Quindi, in virtù di tutto questo, ho deciso di riprendere a correre. Era il 2008 quando ho cominciato. Lavoravo sempre fino a tardi e mancavo tutti i corsi fighetti della palestra così ci andavo lo stesso ma passavo la mia oretta sul tapis roulant. All'inizio ci facevo solo quei 20 minuti canonici per lavarmi la coscienza poi, complice l'ennesima delusione d'amore, ho cominciato a mettermi d'impegno. 30 minuti. 35 minuti. 40 minuti. 45 minuti. 50 minuti. Senza mai guardare i kilometri percorsi. I miei erano obiettivi mentali, più che di distanza. Fino a che è arrivato marzo, la Stramilano. Provo a fare la Stramilanina, quella da 5 km. Massì, il giorno prima in palestra provo a mettere come obiettivo la distanza anziché il tempo e 5 km li faccio abilmente. Il giorno dopo, in centro a Milano, quando parto percepisco subito UNA FATICA SPAVENTOSA. Correre sul tappeto in palestra non è come correre CONTROVENTO, evitando le persone, salendo e scendendo dai marciapiedi, facendo forza sulle ginocchia. Insomma ce la faccio, arrivo alla fine urlando ADRIANAAAAAAAAA. Mi infoio e poi faccio la Deejay 5 con un tempo radicalmente migliore e qualche settimana dopo una 10 km non agonistica della Nike. Insomma, quelli i Bei Tempi. Veniamo a noi. A me, ieri sera, ore 19.45 in Via Cadore angolo Anfossi. Sono letteralmente infoiata all'idea di fare un bootcamp a settembre. Allenamento intensivo militare per 6 settimane. Alla fine sei così:

Quindi sono super positiva, energica, ottimista. La mia amica Morgana arriva, parcheggia il motorino. Lei corre già da parecchi mesi, è uno scoiattolino dei parchi. All'ultimo aperitivo prima delle vacanze mentre tutte le dicevamo “minchia Morgana ma sei dimagritissima” lei ci diceva che si sentiva GONFIA. E' proprio vedendo lei che a me è tornata la voglia di correre: “ma tu non facevi la deejay 10?” mi diceva. Eh. Insomma, mica sarà così difficile tornare a correre. LA MORTE NERA.
Ecco cosa ho visto dopo il primo giro. E dopo il secondo. Inutile che ve la racconti, mica ho corso ininterrotamente. Altrimenti non sarei stata qui a scrivere oggi. Ho corso-camminato-corso-camminato-camminato-corso. Io e tutta la zavorra di 66 kg di buoni propositi sono partita con moltissima buona volontà, esaurita diciamo intorno a metà del primo giro. Da lì in poi solo FATICA. Diffidate da quelli che vi dicono MIODDIO CHE BELLO ANDARE A CORRERE. Mioddio che bello questo grandissimo cazzo. A correre si fa una fatica boia. Non dico di parlare con i sportivissimi come Linus, come quelli che vanno a fare maratone (42 km avete presente cosa sono? IO NO). Io dico per la gente come me, come voi. Corri. Insomma, diciamo che ti muovi. Corri. E tutto il tuo corpo si mette in moto. Percepisci fastidio. In quel momento TUTTO ti da fastidio. I capelli. Si stanno muovendo. L'orologio al polso, mi urta. I pantaloni, non mi piacciono. Poi il corpo ti parla. Le senti, percepisci l'urlo delle gambe che ti stanno dicendo “OH MA CHE CAZZO FAI?”. Senti il culo, che si muove. Che vibra. Poi i polpacci, che si muovono ma è come se non sapessero anche loro cosa fare, sono sorpresi “MA STARA' SCAPPANDO? DEVE PRENDERE UN AUTOBUS FORSE? PERCHE' CORRE LA PADRONA?”. Poi gli addominali, tesi. Perché tesi? Perché di sì, altrimenti ti ritrovi piegata in avanti, come una scema, come se la testa volesse correre e il resto del corpo venisse trascinato. Ma non è finita, perché c'è lo stomaco pure che parla, a modo suo. E ti viene da vomitare. Anni fa, quando correvo con un ragazzo ben più allenato di me (io me lo volevo fare, pensa te cosa bisogna fare per portarsi uno a casa...) mi disse che “quando ti viene da vomitare significa che sei sulla strada giusta”. Orbene, sono sulla strada giusta, ma intanto quelle tre susine che ho mangiato un'ora fa ora stanno facendo lo yo-yo nell'esofago. Come se non bastasse questa rivolta dello stomaco ci si mette pure l'intestino. Oh sì. Mi scappa la cacca e sono A MALAPENA al secondo giro. Ma come mi scappa la cacca? Sì, mi scappa la cacca. Dev'essere il movimento. E adesso come faccio? Se corro, peggioro. Se sto ferma, mi passa. Corro. Cacca. Cammino. Niente. Corro. Cacca. Cammino. Niente. Procedo, con una camminata veloce, una corsa quasi sul posto, come se volessi muovermi senza farlo sapere al mio intestino... ma ecco lì che arriva LA MILZA. La milza, maledetta puttana, quel dolore lancinante al lato sinistro. Quello sì, che è un dolore. Ma io so,nella mia piccola e limitata esperienza di runner, che quel dolore rappresenta la soglia. La soglia da superare. Una volta superato quel dolore tutto il resto è solo FATICA DEL MUSCOLO. Figa che male. La cacca. I capelli che si muovono. L'orologio. La gente che corre. Il culo che vibra. Le cosce che ballano. La cacca. La milza. Il sudore. Il fiato. LO STERNO. Arrivo, non so come, all'ultimo giro. Credo di averne fatti cinque. L'ultimo, come il primo, lo faccio tutto correndo. Ce la posso farcela mi dico. Ce l'ho fatta. Quando rallento e mi fermo, sono sudata. I muscoli mi tremano. Mi stiro i polpacci e il quadricipite, poi vado a casa camminando barcollando. Non contenta, dopo la doccia mi faccio pure un quarto d'ora di bici per raggiungere la casa del mio ragazzo. Le gambe. Non le sentivo più. Erano due entità staccate dal resto del corpo. Per fortuna che la cena era pronta.

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