Tutti gli animali.
Tranne i ragni, non so se vale.
I ragni sono animali?
Ah sì?
Davvero????
Beh, io loro non li amo.
Odiatemi.
Ma in genere gli animali li amo.
Ed è per questo che quando Green Hill è assurto agli onori delle cronache nazionali, accompagnato dal battage pubblicitario e dalle urla isteriche ho storto un po’ il naso.
Facciamo un passo indietro: cos’è Green Hill?
Un canile? Una casa di tortura? Il luogo dove abita Saw?
No, è una società. Una società, acquisita da relativamente poco da una multinazionale la Marshall Farm,che ha come oggetto sociale l’allevamento di animali destinati alla sperimentazione scientifica. Che, concordo, non è una cosa né bella né piacevole.
E io l’ho sempre avversata, in modo totalitario.
Poi però otto anni fa ho fatto un intervento abbastanza invasivo, e una volta finito mi hanno detto: “Signorina, ringrazi la ricerca che se l’avesse fatto solo due anni fa le avrebebro tolto l’utero!”.
E rifletti, per dire.
Così sono arrivata ad una mediazione: la sperimentazione sugli animali va fatta solo se è strettamente necessaria per fini medici, se non si può far altrimenti e se è dunque l’unica alternativa per il progresso scientifico. Per questo, con la rigorosa perizia che rende insopportabile per l’Amoremio le sedute obbligatorie di spesona settimanale, scelgo solo prodotti non testati su animali e, già che ci sono, pure biodegradabili al 100%.
Visto mai.
Premesso tutto ciò, se non vi siete addormentati veniamo al dunque: Green Hill.
Green Hill era un posto tremendo, dove facevano cose tremende e barbare, dove gli animali soffrivano terribilmente e venivano allevati con un unico scopo: la morte. Si dice che addirittura sopprimessero cani con banali malattie, anche solo semplici dermatiti, perché non idonei alla sperimentazione.
Un lager, insomma.
Voglio precisarlo e ribadire: NON E’ BELLO.
Ma tutto questo ciarlare, questo movimento mediatico fatto di donne urlanti, della Brambilla indignata nemmeno le si fosse spezzata un’unghia, questo vociare e rimpallare da un telegiornale all’altro ci sarebbe stao, mi chiedo io, se invece di teneri e morbidi Beagle con gli occhi scuri alla Green Hill si fossero allevati cinghiali?
O maialini?
O galline?
Se si fosse trattato di animali storicamente sacrificabili al Dio Uomo o solo semplicemnte bruttini, sarebbe stato lo stesso?
Lo vorreste voi un cinghialetto per casa?
O un porcellino, come George Clooney? In fondo, aveva in casa anche la Canalis, lui s’adatta. E voi?
L’associazione che sifa nell’infanzia bello=buono non può valere sempre, e soprattutto come ho già ribadito parlando d’agnellini, non può essere la scusa per essere ipocriti.
Che poi questa è la stessa gente che non fa la raccolta differenziata e tratta male i ragazzi di colore che lavano i vetri ai semafori, me lo sento.
Gente finta, che ha bisogno di avere una causa in vetrina per scaldarsi, ma che non alzerebbe un dito alla vista di un randagio abbandonato. Dio mio, che schifo: avrà di sicuro le pulci.
E ancora.
Ora Green Hill è sotto sequesto.
Tutti di corsa ad adottare i beagle di Green Hill. Vuoi mettere con gli amici che vanto? Un cane titolato, battezzato alla luce dei talk show e con una storia da raccontare.
Wow.
Peccato che questi beagle non siano Snoopy, ma cani veri che presumibilmente si portano dietro un carico di ansia, stress e odio verso l’uomo.
Sì, sono animali: ma lo sapete che anche loro hanno sentimenti?
E come i dalmata acquistati sull’onda emotiva de “La carica dei 101” e innumerevoli seguiti e poi abbandonati alle porte dell’estate, anche questi beagle hanno diritto ad na casa ed a una famiglia che li accolga e li ami.
E che non li faccia finire per strada quando si accorge che non si tratta di pupazzi.
E che fanno la pipì, e spesso anche qualcosa di più grosso.
L’ho già detto che odio gli ipocriti?
Sarà per questo che amo gli animali…