Mi strappo dal ventre
del mio immaginario
questa figlia che strazia il mio utero mentale
che prosciuga il mio corpo
di cibi e umori
di sangue sempre troppo rosso
di vermi e cadaveri e ricordi
che nuotano nello stesso calderone
Vado in frantumi
crollo come palazzi di foglie
con tetti pesanti di pane inzuppato
Partorisco
desideri inaspettati di maternità e paternità
e solitudini
e bambini adulti al mio fianco
che non sanno cosa perdono cercando altro
che litigano con il proprio senso di colpa
che stringono le mani e il collo e i fianchi
con unghie sporche di altri
senza sapere che il mio cuore si è già fermato
e che aspetta solo
altri occhi per ricominciare a battere.
Figlia immaginaria del mio essere
bambola di cristallo
demonio dei miei pensieri
desiderio
e piccolo corpo da stringere fra le braccia
da strappare all’oscurità
di un mondo spietato.