Con Gianni Rodari ho un rapporto particolarissimo.
Vuoi perché i suoi libri me li regalava papà, che pure non è mai stato un gran lettore, vuoi perché Rodari è uno di quei nomi un po’ dimenticati dall’intellighenzia italiana, che santifica taluni scrittori e ne ignora altri, seppur assai meritevoli.
Gianni Rodari meritevole lo è senz’altro, fosse anche soltanto per aver scritto quel testo fondamentale che è La Grammatica della Fantasia, un testo che ciascuno di noi che si occupa del “fantastico” dovrebbe leggere. In esso l’autore rivendica lo spazio che l’immaginazione dovrebbe avere nella vita di ciascuno di noi. Non è poco, giusto? Soprattutto in quest’epoca e in questo paese, dove l’immediato, il materiale e il concreto sembrano comporre l’unico orizzonte possibile.
Oggi però, visto che è Natale, evito ulteriori polemiche e vi dedico la bella filastrocca che Rodari scrisse negli anni ’60.
Filastrocca di Natale
Quest’anno mi voglio fare
un albero di Natale
di tipo speciale,
ma bello veramente.
Non lo farò in tinello,
lo farò nella mente,
con centomila rami
e un miliardo di lampadine,
e tutti i doni
che non stanno nelle vetrine.
Un raggio di sole
per il passero che trema,
un ciuffo di viole
per il prato gelato,
un aumento di pensione
per il vecchio pensionato.
E poi giochi,
giocattoli, balocchi
quanti ne puoi contare
a spalancare gli occhi:
un milione, cento milioni
di bellissimi doni
per quei bambini
che non ebbero mai
un regalo di Natale,
e per loro ogni giorno
all’altro è uguale,
e non è mai festa.
Perché se un bimbo
resta senza niente,
anche uno solo, piccolo,
che piangere non si sente,
Natale è tutto sbagliato.
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Alex Girola – follow me on Twitter