Il «Corriere della Sera» ha pubblicato ieri un’inchiesta sul mondo delle edicole dal titolo “Sos: le edicole chiudono”.
Se, da un lato, è perlomeno stravagante che un giornale debba far condurre un’inchiesta su un tema che dovrebbe padroneggiare alla perfezione essendo parte integrante ed essenziale del proprio business, dall’altro lato ha il merito di aver portato all’attenzione di un pubblico più vasto quello che all’interno di questi spazi viene regolarmente segnalato con cadenza periodica sin dagli inizi.
Oltre alla questione dell’esposizione finanziaria che l’approvazione recente dell’Art.39 sul tema della liberalizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica dovrebbe aver, finalmente, risolto, il servizio evidenzia sia la gravità e l’onerosità di un sistema di cattiva gestione di forniture e rese che la conflittualità, la divergenza di interessi, tra i distributori locali ed i loro clienti: le edicole, come testimonia la parte con l’intervento da parte di uno di essi.
Nel servizio, come mostra il video, le percentuali di resa vengono stimate complessivamente nell’ordine del 50% del consegnato alle edicole con “punte del 90% per determinate pubblicazioni”. Livelli di invenduto che secondo il rapporto “La Stampa in Italia 2009-2011”, curato dal Centro studi della Federazione Italiana Editori Giornali e pubblicato a metà del mese scorso, si attestano al 34% sul venduto per quanto riguarda i settimanali [25% sulle tirature] ed al 50% per i mensili [30 sulle tirature].
Un sistema di commercializzazione che produce livelli così elevati di invenduto ha al suo interno elementi di diseconomicità che richiedono un processo di modernizzazione che dovrebbe avere nell’informatizzazione della rete di vendita il suo fulcro, come evidenza, anche, il precitato studio della FIEG.
Gli editori, coloro che hanno il ruolo di “channel leader” sanno poco o nulla di quel che avviene quando il loro prodotto uscito dalle rotative viene caricato sui camion.
E’ evidentemente una situazione assolutamente anomala rispetto a quanto avviene in altri mercati anche di dimensioni inferiori a quello editoriale, è, altrettanto, una situazione che di fatto non consente di fatto una gestione del brand, del prodotto. Una situazione generata dallo strapotere della logistica con distributori nazionali e, se possibile, ancor più i distributori locali nel ruolo di feudatari che “tengono per le palle” [sorry per il francesismo, ma non trovo termine più efficace] gli editori inibendo, ostacolando il processo informativo necessario alla effettiva conoscenza del proprio business da parte di coloro che dovrebbero esserene detentori: gli editori, appunto.
La soluzione, come punto di partenza, è tanto semplice quanto, sin ora, inapplicata. Si chiama, appunto, informatizzazione delle edicole.
L’informatizzazione delle edicole, consente, dialogo, comunicazione, e dunque conoscenza specifica, di ogni singola realtà.
L’informatizzazione delle edicole [ad oggi sono circa 5mila - su 3omila - quelle informatizzate con due applicativi distinti che dialogano solo con il distributore locale] consentirebbe all’editore di conoscere in tempo reale il venduto per ciascun punto vendita garantendo ottimizzazione del costo delle rese, l’attenuazione [o scomparsa] delle micro rotture di stock che paradossalmente caratterizzano le pubblicazioni alto vendenti.
L’informatizzazione delle edicole agevola la possibilità di sondaggi, di ricerche su argomenti ad hoc e favorisce l’implementazione di servizi a partire, per citarne almeno uno, dalla possibilità di effettuare in edicola il servizio di print on demand, che consentirebbe la quadra tra desiderio di personalizzazione da parte del lettore e mancanza di redditività che questo ottiene online nella sua declinazione all digital.
L’informatizzazione delle edicole consente, termine in voga, di disintermediare l’intermediazione, fare rete per dare voce, corpo e sostanza a questi concetti e a tutti quelli che è possibile aggiungere.
Altri fattori qualificanti sono stati precedentemente espressi e vengono qui di seguito ripresi, adattandoli al passare del tempo, alle evoluzioni intercorse, per facilità di lettura:
- Censimento e stratificazione dei circa 30mila punti vendita al dettaglio che coprono il territorio nazionale, affinché per ciascuna realtà possano essere adottate le logiche di fornitura e distribuzione realmente adeguate alle esigenze nonchè si renda possibile l’implementazione di azioni di comunicazione, di merchandising, di vendita adeguate a realtà omogenee.
- Introduzione di incontri mensili a livello provinciale tra giornalai, distributore locale e un editore a rotazione.
- Creazione di un osservatorio permanente su il futuro dell’edicola e l’edicola del futuro composto da rappresentanti di tutta la filiera [inclusi giornalisti e concessionarie pubblicità] che con cadenza semestrale si confrontino, aggiornino e lavorino congiuntamente sul tema.
Sono certo che effettuando questi interventi quello che, ad oggi, rappresenta mediamente l’80% dei ricavi sarebbe sostanzialmente migliorato e tutelato consentendo significativi recuperi contributivi alla filiera permettendo perciò di guardare con maggiore prospettiva e miglior solidità patrimoniale a tutte le evoluzioni future dell’ecosistema dell’informazione.
Sono, anche in questo caso, a disposizione di chi volesse ulteriormente approfondire gli spunti sopra descritti.