Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini.
Filippo Tommaso MARINETTI
(1876-1944)
Accademico d'Italia, alfine!
A cinquantasei anni questo riconoscimento viene a premiare la mia rivoluzionaria attività rivolta a cambiare la vecchia letteratura, la vecchia poesia. In una esplosione di versi mai tentata ed ottenuta da alcuno. Quanto tempo è passato da quel primo "manifesto" del 1909!
Questa data passerà alla storia della letteratura e delle arti mondiali per aver fatto sussultare e ribaltare dalle fondamenta il mondo letterario arcaico, vecchio, consunto, un mondo letterario che ci stava affossando tutti.
Ho bruciato - veramente - i vecchi musei zeppi di scartoffie ammuffite, fitte di sdolcinature e di marciume.
Ho distrutto definitivamente gli antichi e barbuti professori, rimbambiti, che si parlavano addosso; e si scrivevano addosso tutto l'ottocentume imperante.
Ho sepolto poeti, scrittori, attori, musicisti sedicenti tali, che stavano naufragando da tempo immemorabile in un mare di idee inaridite e sciocche; idee non più pensabili, non più sopportabili.
Io! Io ho generato un nuovo universo letterario!
Io! Io sono l'artefice del rinnovamento artistico!
E al mio fianco hanno combattuto - è proprio il caso di usare questa parola, ché le nostre indimenticabili " serate futuriste" a Roma, al teatro Costanzi, a Trieste, a Milano al Lirico, e dovunque ci siamo proiettati, si sono chiuse con vere e proprie battaglie tra noi e un pubblico sbigottito e giornalisti increduli...
E tutti noi, là sul palco, tanti amici poeti e pittori e musici
Ah, le nostre poesie urlate al vento della follia!
Paolo Buzzi, con i suoi "Aeroplani", Giampiero Lucini con le sue "Revolverate".
E Palazzeschi, che ha appiccato il fuoco ai fondali velati di sonni e crepuscoli, con il suo imperituro L'incendiario.
Come era buono, il caro Aldo Palazzeschi! Così fine, così timido, tanto che sul palco non riusciva a far sentire la sua flebile voce, tremolante, fioca; neppure un terzo dei suoi versi meravigliosi e rivoluzionari riuscivano ad arrivare alla platea ,si perdeva infatti nel boato degli urli e dei fischi degli spettatori. Che non se ne accorgevano, ma così facendo partecipavano in prima persona - da attori!- alle esplosioni letterarie del futurismo.
Che variazioni di atmosfera, che emozioni! Che fantastiche novità nei versi più o meno liberi dei nostri grandi poeti, che splendide sensazioni si ricavavano dai colori di Umberto Boccioni, e di Giacomo Balla; colori sbattuti sulle tele a ricercare velocità, fughe in avanti.
Quale terremoto nei ghirigori della musica di Russolo!
Un manipolo di portenti, di artisti con la "A" maiuscola; tutti dietro di me, tutti a seguirmi con la spada sguainata a colpire le stelle; e la luna! Quante volte abbiamo gridato quell'esclamazione diventata celebre Uccidiamo il chiaro di luna!
Il nostro vento di follia cosciente ha attecchito, ha dato i suoi frutti, vicino e lontano.
Era nato"il futuro"!
I tempi erano maturi, e noi l'avevamo capito prima degli altri.
Il novecento era come un monello di appena una decina d'anni, ma era già pronto a correre, a galoppare!
Ma per spingerlo a questo genere di galoppo ci voleva qualcuno che ne strigliasse bene i cavalli.
Arrivammo noi!
Che botte per le strade!
Quanta frutta, quanti ortaggi, quanti cespi di verdura volavano intorno alle nostre figure, a noi che imperterriti combattevamo rispondendo con le poesie, con i racconti, con la musica, nuovi! Rispondevamo a colpi di letteratura futura!
I nostri proclami declamati a gran voce (tranne quella del malcapitato Palazzeschi, come ho detto) in tutti i principali teatri d'Italia! Abbiamo distrutto la sintassi, abbiamo creato "parole in libertà", abbiamo gettato alle ortiche la metrica classica, le rime, le assonanze; avevamo creato nuovi versi, versi liberi di volare...
E sulle tele i colori nuovi in movimento, a rincorrersi, scandito il tempo da musiche nuove.
Eppoi i manifesti, per quelli lontani, per coloro che non potevano seguirci da vicino: a Londra Mosca Madrid Parigi.
I manifesti!
Della danza, della pittura, della letteratura, della musica. E ancora, del teatro, della moda, della cucina... e tanti tanti altri, tanti che quasi non li ricordo più tutti.
Il mondo era nostro; il mondo ci capiva, il mondo... capiva che era giunto il momento di scrollarsi di dosso tutto il vecchio e il decrepito che si portava ancora appresso. E lo ha fatto con un coraggio degno della nostra forza e della nostra lucida follia.
Dopo di me, il vuoto... l'arte andrà avanti...
... e non si volerà indietro...
marcello de santis