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Filippo Tuena: Le variazioni Reinach

Creato il 12 febbraio 2015 da Martinaframmartino

Filippo Tuena: Le variazioni Reinach

Ci ha impiegato quasi tre anni a scrivere questo libro da quel 30 marzo del 2002 al giorno che ha messo la parola fine al manoscritto e mettendo la parola fine in realtà non mette fine a niente perché sa che soltanto mettendo la parola fine a un libro quel libro comincia a dire quello che doveva dire e forse qualcuno dei suoi lettori sarà disturbato da questa volontaria incompiutezza e interromperà la lettura del libro a metà perché gli apparirà noioso e complesso irrisolto fallito ma magari qualcuno si appassionerà e superando le difficoltà della scrittura e i salti del tempo e i vuoti e gli errori e i malintesi di uno scrittore incompleto arriverà meravigliandosi a convincersi che c’era una storia  che andava raccontate e letta e qualcuno l’ha raccontata e forse i fantasmi adesso saranno quieti e troveranno la pace e questo Kaddish laico e frammentario è un tentativo che doveva esser portato a termine e la parola scritta e la storia raccontata come lui sapeva scriverla e raccontarla per esser letta e ricordata come saprà esser letta e ricordata.

(pagine 340-341)

Non si dovrebbe cominciare dall’inizio? E allora perché io ho cominciato (quasi) dalla fine? Torniamo indietro.

La vede salire lo scalone e attraversare i saloni deserti e come una perfetta padrona di casa controlla ogni cosa, passa la mano sopra i ripiani delle commodes, scorre le dita tra gli intagli delle cornici, sistema col piede gli angoli dei tappeti arricciati e prima di lasciare ogni ambiente si volta per accertarsi che tutto sia in ordine e il suo sguardo ha un’espressione accigliata e fredda, in contrasto con i suoi sentimenti che sono di grande rimpianto e di profonda malinconia.

(pagina 7)

Filippo Tuena: Le variazioni ReinachEcco, l’inizio è questo, con il fantasma di una Béatrice de Camondo che passa ancora una volta nelle sale di quella che un tempo era stata casa sua anche se prima della lunga, non lunghissima perché lo scrittore sa scrivere frasi molto più lunghe, frase iniziale c’è il titolo del capitolo, Variazione su una visita al museo, e prima ancora ci sono due fotografie, quella di uno dei saloni del Musée Nissim De Camondo di Parigi anche se il nome del museo come quello di Béatrice comparirà più avanti e quella della copertina, dettaglio di una foto più grande che comparirà nella sua interezza a pagina 98 e che ritrae Bertrand Reinach che ride, sua sorella Fanny e i loro cugini.

Va bene, l’ho fatto anch’io. Nel file word su cui ho scritto questo testo sono sette righe, solo dopo averlo caricato nel blog potrò vedere quante righe diventeranno. Nella nota finale Filippo Tuena ha spiegato che

la prima versione – inedita – comportava la totale assenza di virgole. Non un flusso di memoria continuo ma una serie di paragrafi al cui interno non fossero presenti segni grafici. Mi sembrava che questa scrittura coinvolgesse maggiormente il lettore, creasse ansia. Se ne discusse a lungo con i responsabili della casa editrice (la responsabile di collana Benedetta Centovalli e l’editor Michele Rossi) e alla fine si decise che sì, le virgole dovevano starci, ma che non era necessario che ci fossero sempre. Qualche eccezione era ammissibile. Tanto il lettore se ne sarebbe dimenticato presto. In effetti, accadde proprio questo. Inserii le virgole ma alla lettura risultarono ininfluenti. Il lettore prendeva il suo ritmo e gestiva il flusso narrativo per suo conto. Ho una moltitudine di lettere ed email di lettori che lo confermano.

(pagina 359)

Questo testo non è né una lettera né una email, con Filippo non ne ho neppur mai parlato, ma confermo il risultato. Leggendo ho preso il mio ritmo e mi sono lasciata portare dalle parole come da una sequenza di onde che inesorabilmente mi spingevano avanti. Ovvio che questa scrittura non è per tutti. Per la verità nessun libro è per tutti, quando un cliente mi chiede un libro bello il mio dubbio è sempre su quali siano i criteri che dicono che un libro è bello. Vogliono tutti libri belli, senza eccezione. Questo lo è? Per me sì, ma per altri? Intanto è un libro difficile. Ci si deve lasciar trasportare dalla scrittura, quasi annullarsi come ha fatto lo scrittore nello scrivere, come sono stati annullati i Reinach nel corso delle loro troppo brevi vite.

Filippo Tuena: Le variazioni ReinachNon ho trascritto i due paragrafi per caso. Sono un atto d’amore nei confronti del libro, certo, ma se non potete accettare questo stile allora Le variazioni Reinach non è il libro che fa per voi. Frasi lunghe, con un loro respiro. Azioni diluite, atmosfera diluita perché la direzione ultima di questo libro è l’annullamento, anche se poi lo scrittore ha continuato a scavare alla ricerca della musica. Due soli brani, fra l’altro molto distanti fra loro, non possono davvero far capire cosa si provi leggendo questo libro, ma almeno danno un indizio. Sono un inizio.

Anche sfogliando distrattamente in libreria il libro si notano le frasi lunghe un paragrafo, segno che inevitabilmente l’azione sarà lenta. E poi si notano le foto, in una curiosa mescolanza di narrazione e documentazione che ritroveremo anche nel libro successivo di Tuena, Ultimo parallelo, libro che curiosamente ha avuto una nuova edizione prima di questo che è più vecchio. Il motivo è semplice, Filippo cerca di ricostruire la vicenda di Léon Reinach e della sua famiglia sulla base delle scarsissime e a volte contraddittorie testimonianze che ha trovato, e le foto fanno parte delle testimonianze e rendono più viva la storia. Una storia che parla di morti. Ne ha accennato anche una persona (non ricordo più il nome) che ha condotto la presentazione di un suo libro parecchi anni fa: i suoi romanzi sono incentrati sulla morte. La morte di Michelangelo Buonarroti in La grande ombra, quella di Robert Falcon Scott in Ultimo parallelo, quella dei Reinach qui. La morte che si ripresenta in vario modo ai vivi, che cercano di indagarla ma che non la possono davvero conoscere, quei vivi i cui passi sono continuamente accompagnati da fantasmi. Ha scritto pure una ghost story Tuena, Il volo dell’occasione, anche se quel romanzo non si ferma con la scoperta di tutti i dettagli della storia dei fantasmi ma proprio da quel punto entra nella sua fase più drammatica. Lo avevo riletto alcuni anni fa con l’idea di scriverne una recensione per FantasyMagazine, poi mi è mancato il tempo per farlo subito e le recensioni scritte a distanza di tempo non vengono altrettanto bene. Un fantasma, un uomo in più, si muove insieme ai membri della spedizione di Scott, e Le variazioni Reinach sono piene di fantasmi, anche se nessuno di loro è lo spettro terrorizzante dei film dell’orrore. Piuttosto sono spettri attoniti, compagni amichevoli o figure incapaci di venire a patti con quello che sta capitando. Testimoni di un’epoca svanita? Non lo so, questo è un libro di domande ma le risposte sfumano nella nebbia, nell’incertezza, in quella stessa incertezza in cui sono spesso avvolti i protagonisti della storia.

Il titolo del libro a un primo sguardo è curioso, Le variazioni Reinach. Di quali variazioni stiamo parlando? Il primo significato è legato al verbo variare, che può essere avere un valore diverso a seconda se lo si usa in modo transitivo o intransitivo. Ci sono significati specifici in ambiti quali contabilità, geografia, matematica o biologia. Quello che mi interessa è l’aspetto musicale. Alla voce Variazione la Treccani fra le altre cose scrive

Nella composizione musicale, modificazione di un pensiero musicale in sé compiuto ottenuta intervenendo sulla melodia, sul ritmo, sull’armonia, sulla strumentazione (ove vi siano più strumenti), sulle combinazioni contrappuntistiche di esso, operando separatamente o no ma in modo tale da consentire la riconoscibilità del tema di partenza; tale procedimento composito ha dato origine alla forma del tema con variazioni, in cui a un tema iniziale solitamente breve e di semplice stesura seguono un certo numero di ripetizioni di esso, variate secondo tali criterî: «Variazioni su un tema di Haydn» di Brahms (op. 56 a); «33 Variazioni su un Valzer di Diabelli» di Beethoven (op. 120), ecc. L’espressione variazioni sul tema di… è spesso estesa anche a opere letterarie, figurative, ecc.

Leon ReinachLéon era un compositore, parlare di variazione per lui aveva un significato ben preciso. Però questo libro non è stato scritto da Léon, piuttosto lo ha come oggetto d’indagine, protagonista mi pare una definizione un po’ troppo forte visto il continuo defilarsi di Léon riscontrato dallo scrittore. Tutti i titoli dei brevi capitoli iniziano con la parola Variazione. Variazione su una visita al museo, Variazione sul sogno ricorrente, Variazione sui ricordi di un padre solitario, Variazione sui tre fratelli, potrei andare avanti ancora a lungo. L’oggetto di quel capitolo è indicato nel titolo, lo scrittore lo prende e lo scruta con attenzione e delicatezza, come se fosse una cosa fragile e preziosa, e attraverso piccoli mutamenti nelle parole, nello scivolare delle frasi, arriva a costruirne un’immagine che potrebbe anche essere molto diversa da quella iniziale e che comunque è sempre vera, pre quanto concreta o indeterminata possa essere diventata al termine dell’indagine. Una cosa curiosa di cui mi sono accorta dopo un po’ è che una volta finito ciascun capitolo tornavo indietro a rileggere il suo titolo, come per meglio assimilare le variazioni a volte appena impercettibili di cui ero appena stata testimone.

Da un lato c’è il museo, il risvegliarsi della curiosità nello scrittore che ha visto la foto di due ragazzini. Dall’altra ci sono loro, i ragazzini, la famiglia, la storia loro e quella collettiva che li porterà a sparire nell’inferno di Auschwitz.

Filippo Tuena: Le variazioni ReinachI Reinach erano ebrei, discendenti di ricche e colte famiglie di Parigi. Dei privilegiati, almeno fino a quando il mondo non è impazzito. Tuena traccia la loro storia, per come può essere tracciata. Le famiglie, la formazione di Léon e Béatrice, i figli, la società parigina, le leggi razziali, la discesa costante e inesorabile verso una fine che li avrebbe visti cancellati come persone, ridotti prima a numeri e poi a un mucchietto di cenere. La storia dei Reinach è drammatica, lo sappiamo fin da subito. Loro ad Auschwitz ci sono morti, come sono morti altri sei milioni di persone nei campi di concentramento. Nessuno può davvero sapere quello che hanno passato, anche le testimonianze dei sopravvissuti sono qualcosa di personale che parla di chi le ha scritte ma non di tutti gli altri che sono rimasti muti, sepolti dalla storia. Tuena prova a dar loro voce, e visto che non è possibile si interroga sui loro silenzi, su quel silenzio sgomento che deve aver colpito tutti coloro che sono finiti nell’oblio insieme ai Reinach. E parla di noi che osserviamo, che cerchiamo di capire e che non possiamo davvero capire perché quello che è avvenuto è troppo al di là di noi, del nostro modo di essere, della nostra mente e della nostra immaginazione.

Abbiamo diversi libri di sopravvissuti che raccontano in qualche modo la loro esperienza, qualcuno l’ho letto pure io. E abbiamo parecchi storici che cercano di ricostruire quello che è stato, di fornire cifre, date, di indagare i perché. Le variazioni Reinach è diverso, più vivo di un saggio di storia perché anche se di tanto in tanto riprende numeri e documenti reali la sua indagine è sempre concentrata sull’animo umano che cerca di capire, di trovare un senso, di adattarsi alle circostanze aggrappandosi a tutto quello che ha ma rimanendo allo stesso tempo attonito, forse incapace di accettare, forse convinto che i tempi bui passeranno, basta solo riuscire a superare questo terribile equivoco, questo terribile momento. Ed è più drammatico del resoconto di un Primo Levi, di un Elie Wiesel, anche se i loro libri vanno assolutamente letti, perché la nostra mente è strana e visto che Levi e Wiesel sono sopravvissuti (ma il suicidio di Levi ci ricorda che la sua mente non è mai davvero uscita da Auschwitz, e del resto come avrebbe potuto?) tendiamo a tirare un sospiro di sollievo e a pensare “almeno loro si sono salvati”, dimenticando tutti gli altri, coloro che invece sono stati sommersi. Per questo dobbiamo leggere di chi è morto non come di un resoconto storico ma ricordandoli come persone vive con i loro sogni, la loro energia, Fanny già amazzone un po’ ribelle diventata a Drancy ragazza da non liberare Léon Compositor de musique in un posto che cerca di annullare completamente gli esseri umani Bertrand non tanto bravo a scuola anche se per qualche tempo riesce a proteggere la sua famiglia Béatrice che con soldi suoi che non può più maneggiare cerca di pagare la pensione a persone che in quei soldi hanno il loro unico sostentamento. Due uomini e due donne, scelti per il capriccio di uno scrittore, per un incontro fortuito, riprendono vita in queste pagine ricordandoci che a loro la vita è stata tolta, che a milioni di persone come loro la vita è stata tolta. Quattro sommersi in ricordo di tutti gli altri.

Filippo Tuena: Le variazioni ReinachSe la storia di Léon e della sua famiglia è drammatica, e fa soffrire perché man mano che leggiamo di queste figure evanescenti e inconoscibili ci sembra stranamente di conoscerle meglio e soffriamo per la loro morte più di quanto non soffriamo per esempio per il numero 69097, chiunque sia stato, qualcuno entrato al campo subito dopo Léon e Bertrand perché il suo numero è lievemente più alto dei loro, perché lui non ha trovato nessuno scrittore capace di riportare ancora il suo fantasma su questa terra, quella dello scrittore con i suoi dubbi le sue ansie le sue continue domande spesso senza risposta è un contraltare perfetto a quella che solo in apparenza è la trama principale. Solo in apparenza, non perché i Reinach contino poco ma perché il loro tempo è passato e siamo noi che restiamo, noi che leggiamo di loro e dobbiamo continuamente interrogarci e ricordare e fare in modo che quello che è stato non possa ripetersi mai più.

Lo so, a volte sono diventata confusa, mi sono persa in circoli di pensiero. Di solito scrivo frasi più brevi, mi dico che devo cercare di essere chiara pensando a tutto quello che mi hanno detto riguardo alla scrittura su internet e anche alle lezioni dei miei professori di scuola. La punteggiatura per me insolita non è affettazione, è un effetto dell’essermi immersa completamente in questo libro. Ciascuno ha preso il suo ritmo e ha gestito il flusso narrativo per suo conto, ha scritto Tuena, e in effetti qualcosa di quel ritmo è rimasto in me pur se senza le sue capacità di scrittura. Il fatto è che Le variazioni Reinach è talmente forte se gli si permette di entrare dentro di noi, se non ci si lascia prendere dalla fretta, che in qualche modo ci cambia. Non so bene come descriverlo, ho scritto e scritto senza fare alcuna chiarezza. Bisogna leggerlo sapendo che ci si può perdere, scegliendo di perdersi, annullandosi in quattro persone che sono state annullate e in una quinta che cerca di riportarli in vita ed è continuamente in bilico sul filo dei suoi dubbi e di quel velo d’indeterminatezza che avvolge tutto e che forse è la sola cosa che ci permette di rimanere lucidi e di dire che ci sono alcune storie che nonostante le difficoltà devono essere raccontate.

Un’ultima nota: alla fine Filippo è riuscito a ritrovare la partitura della sonata in re minore per violino e pianoforte di Léon Reinach. È possibile ascoltarla, nell’interpretazione di Maria Pia Carola e Piergiorgio Rosso, a questo link: http://www.mariapiacarola.com/I_miei_dischi.html

Ci ha impiegato quasi tre anni a scrivere questo libro da quel 30 marzo del 2002 al giorno che ha messo la parola fine al manoscritto e mettendo la parola fine in realtà non mette fine a niente perché sa che soltanto mettendo la parola fine a un libro quel libro comincia a dire quello che doveva dire e forse qualcuno dei suoi lettori sarà disturbato da questa volontaria incompiutezza e interromperà la lettura del libro a metà perché gli apparirà noioso e complesso irrisolto fallito ma magari qualcuno si appassionerà e superando le difficoltà della scrittura e i salti del tempo e i vuoti e gli errori e i malintesi di uno scrittore incompleto arriverà meravigliandosi a convincersi che c’era una storia  che andava raccontate e letta e qualcuno l’ha raccontata e forse i fantasmi adesso saranno quieti e troveranno la pace e questo Kaddish laico e frammentario è un tentativo che doveva esser portato a termine e la parola scritta e la storia raccontata come lui sapeva scriverla e raccontarla per esser letta e ricordata come saprà esser letta e ricordata.



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