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Film-capolavoro stasera in tv: VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES (merc. 27 ott. 2015)

Creato il 28 ottobre 2015 da Luigilocatelli

Vivere e morire a Los Angeles, Rai Movie, ore 1,15.
Film-capolavoro stasera in tv: VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES (merc. 27 ott. 2015)Film-capolavoro stasera in tv: VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES (merc. 27 ott. 2015)Dopo che a Venezia 2011 si era vista la formidabile black comedy (più black che comedy) Killer Joe, tutti a dire che il regista William Friedkin era finalmente tornato ai livelli del suo capolavoro, ovverossia questo Vivere e morire a Los Angeles. Film che non è poi così facile vedere in tv, soprattutto sui canali no-pay, dunque stasera meglio coglierlo al volo. Uscito nel 1985, dimostrò che Friedkin era molto di più del regista dei due film di genere che aveva realizzato con eclatante successo il decennio precedente, Il braccio violento della legge e L’esorcista (peraltro diventati pietre miliari della storia del cinema), ma qualcosa, molto di più: un autore senz’altre specificazioni, qualcuno dotato di una visione personale del cinema e di uno stile non omologato. Vivere e morire a Los Angeles usa il genere – il poliziesco, il noir, la crime story, chiamatelo come volete – per quasi violentarlo, piegandolo a pretesto e occasione per mettere in scena il Male (e l’attrazione che esercita sul Bene). C’è un agente di nome Chance (e già questo), che è poi il William Petersen che molti anni dopo rivedremo in C.S.I., il quale vuole stanare a ogni costo l’uomo che ha ucciso il suo compagno di lavoro, e fare giustizia anche oltre le regole della giustizia se necessario. Il villain è un falsario che ha la faccia demoniaca e il ghigno spaventevole di un Willem Dafoe che qui trova il ruolo della vita, quello che lo iconizzerà per sempre (in fondo, Dafoe continua a rifarlo). Ma in questo duello Chance viene trascinato sempre più giù, negli abissi del suo inconscio, nella melma degli istinti, mentre i confini tra bene e male si fanno sempre più valicabili. Come se Rick Masters, il falsario che è la sua preda, lo avesse diabolicamente contaminato. Friedkin anche stavolta dà il suo meglio quando mostra gli aspetti più luridi, ambigui e sanguinolenti, e qui le occasioni tracimano. Ne esce un quadro selvaggio della contemporaneità, l’evocazione di quanto di oscuro e primordiale si nasconde sotto la patina della civilizzazione: non diversamente da quanto Friedkin aveva già fatto con L’esorcista. Chance/Dafoe avvolto dalle fiamme è davvero una delle scene dell’intera storia del cinema che meglio riescono a comunicare il demoniaco e l’infernale. Da non mancare.


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