Bisogna ammetterlo, ormai chi realizza mockumentary horror viene etichettato come l’ennesimo coglione senza budget che cerca fortuna e gloria usando il modo migliore di nascondere la propria incapacità di girare un film vero e proprio.
Fortunatamente non è il caso dei Vicious Brothers che, oltre a ostentare un nome squisitamente tamarro, hanno saputo premiare la fiducia del pubblico con un finto documentario capace di spazzare via in un solo colpo i vari Blair Witch Project e discendenti vari.
I Vicious Brothers, tanto per chiarire e accontentare i curiosi, non sono affatto parenti. Si chiamano Colin Minihan e Stuart Ortiz, e sono due semplicissimi ragazzi americani legati dalla passione per l’horror e il fantastico. Passione che, a suon di tentativi, sono riusciti convogliare in questo film. Il fatto che sia l’ennesimo mockumentary che promette spaventi e terrore a profusione non deve far storcere il naso perchè, mai come in questo caso, le promesse vengono mantenute più che abbondantemente e, cosa più che apprezzabile, all’immaginazione dello spettatore e alle furbizie del vedo-non vedo per risparmiare sugli effetti speciali viene lasciato pochissimo spazio.
La trama vede come protagonisti i componenti di una troupe televisiva specializzata nel realizzare finti reality in cui vengono smascherate presenze paranormali. Questo tipo di programma in America gode di una discreta fama di pubblico che ama farsi prendere per il culo e lasciarsi spaventare per cose che non vengono mai mostrate e/o dimostrate completamente, il che rende i protagonisti del film perfetti come valvola di sfogo per le frustrazioni che questi finti reality causano da anni negli appassionati di paranormale e in tutti quelli che vogliono credere come quel bamboccione nerd di Fox Mulder nei confronti dei suoi beneamati X-Files (categoria a cui io appartengo, tra l’altro). Se a tutto questo aggiungiamo l’ambiente inquietante e claustrofobico di un vecchio ospedale psichiatrico abbandonato, dove, tra le altre simpatiche pratiche i dottori avevano anche il vizietto della lobotomia, ecco che le cose iniziano a prendere l’esatta piega che un amante dell’horror desidera.
Ovviamente, anche questa pellicola non si discosta dalle regole base del mockumentary. Quindi si parte scontrandosi con il fastidioso movimento della camera a mano (che mostra sempre troppo poco) e si arriva, in un continuo crescendo di tensione, all’esasperante e inquietante finale. Il tutto orchestrato sapientemente, tra sparizioni di persone, oggetti che si muovono da soli e manifestazioni di fantasmi incazzati e vendicativi che riempiono lo schermo sempre di più man mano che il film scorre. Questi sono i tre elementi che stanno alla base del film e, per quanto si possano ritenere scontati e stravisti in ogni salsa, vengono piazzati sempre nei punti giusti, garantendo il salto sulla sedia e, alcune volte, perfino un bel brivido lungo la schiena. Tutto questo aiuta parecchio a sopportare la solita domanda esistenziale che pervade chiunque guardi un mockumentary: ma chi cazzo te lo fa fare di avere una mano occupata a tenere la telecamera sempre e comunque? A scuola nessuno ti ha insegnato che quando le cose iniziano a muoversi da sole e inizi a sentire grida nel buio e i tuoi amici cominciano a sparire e non puoi chiamare i veri Ghostbusters o un qualsiasi cazzo di esorcista è il caso che le mani le usi tutte e due?
Per fotuna i fratelli Vicious non sono così sprovveduti come la giovane età potrebbe far pensare, e piazzano scuse più o meno credibili ogni volta che la domanda si fa strada nel cervello allo sbando dello spettatore; dimostrando di aver fatto tesoro delle critiche che spesso hanno stroncato i predecessori del loro film, permettendo di mantenere il nervoso del pubblico e la credibilità delle situazioni mostrate sempre su livelli discretamente accettabili.
Benvengano, dunque, i mockumentary capaci di far sporcare le mutande, specialmente quando non si approfittano di finte pubblicità che li vorrebbero far passare per fatti davvero accaduti. Benvengano i ragazzi che riescono a realizzare progetti del genere prima di compiere trent’anni e benvengano le persone che danno fiducia a questi progetti portandoli nelle sale cinematografiche. Ora resta una forte curiosità nel sapere cosa potrebbero realizzare questi ragazzi con un giusto budget e un progetto che non sia un mockumentary tra le mani.