Film stasera in tv: AGORÀ (ven. 17 apr. 2015 – tv in chiaro)

Creato il 17 aprile 2015 da Luigilocatelli

Agorà, Rai Movie, ore 22,40.
Al talentuoso spagnolo Alejandro Amenabàr (Mare dentro, The Others, Apri gli occhi) sul finire della scorsa decade viene la pazza idea di riesumare il peplum e di farne il veicolo di un discorso alto, nientedimeno che la storia (vera) di una filosofa. Lei è Ipazia, che nell’Alessandria (d’Egitto) del 415 dopo Cristo difende fiera la tradizione della filosofia greco-ellenistica e la libertà della ragione di esplorare i territori del sapere, ma ha il torto di non essersi convertita all’ormai dominante cristianesimo e se la deve vedere con i fanatici seguaci del vescovo Cirillo: i quali identificano nella sua figura, e nel paganesimo di cui è rappresentante, un nemico (un idolo?) da abbattere. Ipazia finirà orrendamente uccisa, il suo sapere disperso. Una brutta storia, in cui i cattivi sono i cristiani fondamentalisti e i martiri sono invece i non cristiani, e attraverso la quale Amenabàr sembra dirci che la fede può uccidere, e che i mostri dell’intolleranza sono sempre pronti a fare vittime. La vicenda è benissimo raccontata e messa in scena dal regista spagnolo (se si eccettuano certe sentenziosità nei dialoghi e un eccessivo didascalicismo nello spiegare le teorie cosmiche di Ipazia), che genialmente riattraversa e recupera tutto il glorioso immaginario del peplum movie, uno dei generi che hanno fondato e fatto grande il cinema (si pensi solo a Cabiria). Certo per risparmiare si ricorre un po’ troppo al digitale, con quell’effetto di irreale nitore grafico e gelida perfezione che dell’uso del CGI è un fastidioso effetto collaterale. Ma i costumi (di Gabriella Pescucci) sono mirabili, memori della grande lezioni pasoliniana di Medea, e Rachel Weisz come protagonista è un incanto. Il film si fa vedere e amare, a dare fastidio semmai è certa polemica anticriastiana e antiecclesiastica un po’ troppo Spagna di Zapatero, che fa venire in mente anche l’ateismo e l’anticlericalismo volgare di gente come Michel Onfray, e che rischia di fare di Agorà, al di là delle intenzioni del regista, un manifesto del neolaicismo più becero. Ma la storia di Ipazia resta una grande storia, e benissimo ha fatto Amenabàr a proporla. Film che quando fu presentato nel 2009 a Cannes non se lo filò nessuno, e che si è ripreso poi a poco a poco la sua rivincita sui mercati mondiali, richiamando al cinema soprattutto le donne che l’hanno adorato.


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