Magazine Cinema
Regia: Lucio Fulci
Cast: Brett Halsey - Ria De Simone - Zora Kerova
In programmazione nella notte tra il 26 e il 27 giugno alle 00.45 su Premium Cinema.
Lester Parson (Brett Halsey) è un incallito giocatore d'azzardo. Per poter pagare i debiti seduce donne non proprio bellissime, che poi massacra per impossessarsi dei loro averi.
Quando Alice ruppe lo specchio ripropone in maniera del tutto personale il tema del killer di donne sole e ricche. Fonte di ispirazione per Fulci, oltre a tanta letteratura, potrebbe essere stato L'occhio che uccide (1959) dove il fotografo omicida si innamorava di donne deturpate. Le riprese di questo film iniziarono il 22 giugno 1988 a soli tre giorni dalla fine delle riprese di Sodoma's Ghost, sempre per la serie "I maestri del thriller" per la Alpha distribuzione cinematografica. Budget ridottissimo e solite litigate furibonde di Fulci con la produzione. Locations nei pressi di Roma (Morlupo, Ostia, Casalpalocco) costituite in larga parte da abitazioni private accessibili gratuitamente. Alcuni interni furono girati negli studi dellaVides, che all'epoca erano chiusi per inagibilità e privi dei permessi necessari, ma ovviamente Fulci se ne infischiò bellamente e girò abusivamente.
Sceneggiatura intrigante attraversata da ironia e humor nero, ma il risultato non è proprio dei migliori a causa del misero budget (make up da dilettanti che sfiora il comico involontario).Il titolo è basato su una frase di Virginia Woolf contenuta nelle "Conversations" tra Alice e il Reverendo: "Se Alice rompesse lo specchio tutti i fantasmi dei suoi sogni l'assalirebbero e la distruggerebbero". Dopo questa esperienza, una delle protagoniste femminili, Ria De Simone lavorò ancora con Fulci (Un gatto nel cervello) e può vantare nella sua carriera partecipazioni in pellicole come il nazi erotico KZ9 lager di sterminio di Bruno Mattei (1977) e il film appartenente al sottofilone del poliziottesco che miscela il poliziesco e il cinema-guappo di ambientazione partonepea Napoli...serenata calibro 9 di Alfonso Brescia (1978).
Fabrizio Luperto
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