Se vi sentite attratti dal continente africano, e in particolare dal Kenya, da quegli spazi desolati ma ricchi di vegetazione a perdita d’occhio, dal silenzio che vi può regnare e dagli usi e costumi di quelle popolazioni così diverse da noi occidentali, questo è il libro che fa per voi.
Dal libro…
Autore: Karen Blixen
Titolo: La mia Africa
Titolo originale: Out of Africa
Genere: Letteratura straniera
Data prima pubblicazione: 1937 (in Italia nel 1959)
Casa Editrice: Feltrinelli
Collana: Universale Economica Feltrinelli
224 pagine
Prezzo copertina: 8,50 €
EAN 9788807804502
Non si tratta di un romanzo, bensì dell’autobiografia della scrittrice danese Karen Blixen (meglio nota alle stampe con lo pseudonimo maschile di Isak Dinesen). In queste pagine ella racconta i quasi vent’anni (1914-1931) trascorsi in una fattoria alle pendici delle colline di Ngong, vicino Nairobi, a coltivare caffè e a prendersi cura della popolazione indigena dei Kikuyu, che aveva accolto su parte dei suoi terreni.
Meravigliose descrizioni di paesaggi e panorami, aneddoti della vita laggiù, personalità particolari e incontri con amici europei che venivano a farle visita popolano le pagine di questo diario, senza una sequenza cronologica standard.
Considerata una terra pura, la più vicina al mondo che Dio aveva deciso di dare agli uomini, l’Africa è qui descritta nella sua bellezza. E la figura di una donna alla guida di una intera fattoria, sperduta tra le colline, è uno dei primi esempi di emancipazione femminile.
«Chi di notte, dormendo, sogna, conosce un genere di felicità ignota al mondo della veglia: una placida estasi e un riposo del cuore che sono come il miele sulla lingua. Sa anche che la vera bellezza dei sogni è la loro atmosfera di libertà infinita: non la libertà del dittatore che vuole imporre la sua volontà, ma la libertà dell’artista privo di volontà, libero dal volere. Il piacere del vero sognatore non dipende dalla sostanza del sogno, ma da questo: tutto quello che accade nel sogno, non accade solo senza il suo intervento, ma fuori del suo controllo. Si creano spontaneamente paesaggi, vedute splendide e infinite, colori ricchi e delicati, strade, case che non ha mai visto e di cui non ha mai sentito parlare. Compaiono degli sconosciuti che sono amici o nemici, benché chi sta sognando non abbia mai fatto nulla per loro né contro di loro. L’idea della fuga e l’idea dell’inseguimento tornano sempre, nei sogni, entrambe egualmente estasianti. Tutti dicono cose piene d’intelligenza e spiritose. È vero che, cercando di ricordarle durante il giorno, paiono sbiadite e senza senso perché appartengono a un’esistenza diversa; ma appena il sognatore si sdraia, la notte, il circuito si riallaccia e i sogni tornano a sembrargli stupendi».
«Io conosco il canto dell’Africa, della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso, degli aratri nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè. Ma l’Africa conosce il mio canto? L’aria sulla pianura fremerà un colore che io ho avuto su di me? E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome? O la luna piena farà un’ombra sulla ghiaia del viale che mi assomigli? E le aquile sulle colline Ngong guarderanno se ci sono?»
Sono paesi, quelli dell’Africa meridionale, che un giorno vorrei visitare e a cui sono sentimentalmente molto legata, grazie a un progetto di aiuti che sta dando a quelle popolazioni la loro chance di rinascere. Leggere questo libro mi ha fatto sentire un po’ più vicina al loro modo di pensare, al loro stile di vita e mi ha fatto apprezzare – seppur con una lieve nota di malinconia – le tante cose che noi abbiamo, e di cui spesso ci lamentiamo.
Proprio questo libro, diventato parte del patrimonio della letteratura internazionale, viene citato ne Il giovane Holden. Il protagonista, dopo averlo letto, confessa di esserne rimasto molto colpito e si riferisce all’autore (nella sua versione il libro era stato pubblicato con lo pseudonimo menzionato prima) con una tra le mie citazioni preferite:
«Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira».
…al film
Sydney Pollack è colui che ha abilmente diretto la pellicola di grande successo (ben 7 oscar: regia, film, sceneggiatura non originale, sonoro, colonna sonora, fotografia e scenografia) tratta dall’omonimo romanzo. A interpretare la Blixen una straordinaria Meryl Streep, affiancata da Robert Redford nei panni dell’europeo Denys Finch Hatton.
Nel film c’è molto più romanticismo e molto più sentimentalismo rispetto a quanto si può leggere nell’autobiografia della scrittrice. Anche l’ordine degli avvenimenti, sparpagliati e lasciati in balia dei ricordi nelle pagine del libro, sono qui meglio organizzati per dare alla trama un filo conduttore più preciso.
Ciò che più conta è che il succo della storia, e cioè il bellissimo continente africano, non è solo una cornice ma il vero e proprio protagonista.
Durante la prima proiezione, nel 1985, gli incassi furono devoluti a due organizzazioni non governative africane che si occupano, rispettivamente, della sanità (AMREF) e della difesa ambientale nel continente (Africa Wildlife Foundation), a testimoniare la grande attenzione verso un paese che versa in gravi difficoltà da sempre, ma che ha dentro di sé un patrimonio culturale e naturale davvero incommensurabile.
PS. Chi segue il blog da tempo si sarà accorto che la struttura della rubrica “Film tratti da libri” è un po’ cambiata. Prima ero solita parlare solo del film e dedicare al libro una recensione a parte. Ora, invece, ho deciso di unire le due cose per poter fare subito un confronto, senza dovervi far saltare da un post all’altro. Fatemi sapere se vi piace, se vi piaceva di più prima, se non vi è mai piaciuta…