La vita facile, di Lucio Pellegrini
con Stefano Accorsi, Pier Francesco, Vittoria Puccini
Italia, 2011
genere, commedia, drammatico
durata, 102'
Finalmente un bel film italiano. Dopo una serie di prodotti
che solleticano la fantasia televisiva del pubblico nostrano, infarcendolo di
un qualunquismo che usa la risata come mezzo per dissuaderlo da qualsiasi
iniziativa critica, ecco spuntare all’orizzonte il film che non ti aspetti,
realizzato da un regista “alternativo” come Lucio Pellegrini, poco prima nelle
sale con l’ennesimo rifacimento dei soliti ignoti, e qui pronto a raddoppiare
con un'altra uscita che però si discosta e non di poco dalle sue esperienze
precedenti.
Film della maturità si potrebbe dire, se la parola non
rappresentasse un ipoteca su un futuro ancora da scrivere, per la presenza di
personaggi che con la giovinezza e le loro scelte sono chiamati a fare i conti.
Ma soprattutto film con la “F” maiuscola per la volontà di costruire una storia
che non si ferma al glamour dei suoi interpreti, Accorsi e Favino - come dire
un pezzo importante della nouvelle vague italiana - all’effetto delle loro
battute, e che soprattutto non usa il malessere della società per imbastirci
sopra una serie di speculazioni di ovvio qualunquismo.
La vicenda di Luca e Mario divisi da una donna ma
soprattutto da una visione del mondo quantificata dalla distanza tra le
strutture fatiscenti dell’ospedale africano gestito dal primo ed i corridoi
asettici della clinica in cui opera il secondo, è il pretesto per fare il punto
su una generazione che ha messo da parte amore ed ideali politici per trovare
il proprio posto nel mondo. Così quando Mario con la scusa di aiutare l’amico
si trasferisce in Africa, le ragioni di quella diversità ma soprattutto la
natura delle loro personalità diverranno la chiave per un esperienza catartica,
capace di portare a galla antiche ipocrisie risolvendole alla luce di un
confronto giocato in una terra che non ammette vie di mezzo.
Ambientato quasi interamente in un paesaggio africano che
non diventa mai stereotipo, La vita facile smentisce il suo titolo
presentandoci un’umanità perennemente in affanno, intrappolata in una
dimensione di precarietà che seppur a diversi livelli, Mario impegnato a
mantenere un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità e Luca medico
senza frontiere e senza mezzi, si rivela l’unica costante in un pluralismo di
caratteri ed aspirazioni. Enfatizzando il contrasto tra la vastità degli spazi
naturali con i limiti degli interni borghesi oppure anteponendo lo stile di
vita frugale ma sincero del personale impegnato nella missione umanitaria con
quello affettato e di convenienza del mondo imprenditoriale, Pellegrini rende
ancora più evidente la grettezza dei nostri tempi. Ma il vero capolavoro lo
compie quando lavorando sulle psicologie dei personaggi (basterebbe pensare al
personaggio di Ginevra ago della bilancia e punto di raccordo tra i due amici)
permette alla storia di trasformarsi in una specie di thriller esistenziale
dopo averci abituato ad un tono a metà strada tra il dramma e la commedia. Ed è
proprio nelle sfumature dei toni, ben sintetizzate dalla complementarità
caratteriale dei due protagonisti, Favino estroverso e farabutto, Accorsi
ingenuo ed idealista, ma anche dalla comune debolezza (entrambi in un fuga,
entrambi soggiogati dalla stessa donna) che La vita facile riesce a dirci
qualcosa di diverso, a sollevarci il dubbio che forse è proprio nella
comprensione della fallibilità che si nasconde la ricetta della nostra
rinascita. Sbaglio quindi sono. E’ questa la nuova "eresia" a cui
anche noi ci uniamo volentieri.
In onda questa
sera:
Canale 5, ore 23,50