Perth, Australia, 7 mar 2012, ore 12:09, Britannia on William
Sicuramente me lo aspettavo più semplice, ma si sa, io sono sempre ottimista. E’ il mio secondo giorno di reale ricerca di lavoro e ancora nulla all’orizzonte. Il fatto che io non abbia un vero e proprio lavoro alle spalle rallenta, ma non blocca. Ogni ora decine e decine di annunci di lavoro vengono pubblicati. Io li leggo e se credo che facciano per me, allora mando il curriculum. Però il telefono non suona. La casa per il momento è un sogno lontano. A parte i costi e la difficoltà nel reperire l’alloggio, la base di tutto è un lavoro dimostrabile per poterla pagare: niente lavoro, niente casa. Partendo dall’Italia mi aspettavo tutto un po’ più semplice, diciamo semplice come la parte burocratica: entri, compili un modulo e inizi a lavorare. Se sei un medico è così, se sei un lavoratore indefinito non è così. A detta di chi ci è già passato questa è la parte più difficile. E’ la parte in cui ti cominci a fare delle domande che non portano a nulla di buono. Ce la farò? E’ colpa mia? Sono un buono a nulla? Facevo meglio a restare a casa? Tutte queste domande sono un’enorme trappola per l’entusiasmo. Ti bloccano, ti fanno pensare che sia tutto inutile. Ti fanno sentire nostalgia di casa. L’Australia paga bene, ma l’Australia costa anche tanto. Se hai un lavoro stai alla grande, da re direbbe qualcuno, se non hai un lavoro devi solo pazientare. Io tutte le domande di cui sopra me le sto facendo. Soprattutto alla mattina, quando vedo che attorno a me tutti vanno al lavoro, mi sento un po’ inutile, ma comunque vado avanti. Però è normale, dicono, è da mettere in conto, è segno che ci tieni e che vuoi fare qualcosa della tua vita. “Dopo i momenti difficili giungono le soddisfazioni” diceva coach Taylor. Qualcuno azzarda e predice il futuro, prevede che nel momento in cui meno te lo aspetti arriverà una chiamata, ti offriranno un lavoro, lo accetterai e tutto andrà a posto. Prevedono. Speriamo.