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Filosofia: unica via…per il lavoro

Creato il 09 dicembre 2011 da Abattoir

Studiare filosofia è una strada che non porta da nessuna parte se non all’insegnamento?

Il mondo del lavoro non ha bisogno se non di tecnici e noi poveri stronzi che studiamo materie umanistiche di cui la società non ricorda nemmeno più l’importanza (qui già un mio piccolo sfogo: “Studi filosofia… e che è?!“) possiamo rimanere precari a vita?

Io sono convinto di no.
Io ho fatto una scelta diversa, contro tendenza, e a sei anni da quella scelta ne sono sempre più convinto. Io ho scelto di mettere in secondo piano le mie capacità tecniche di perito informatico (con buonissimi voti) per coltivare la parte di me che aveva più sete, quella riflessiva, curiosa, che non poteva stare tutta la vita dietro un pc a scrivere codici per macchine.  
Prima non sapevo scrivere neanche un tema a piacere, una relazione o spiegare a parole mie cosa significasse il codice che scrivevo. Non sapevo nemmeno ripetere la lezione di storia o di italiano, ed era una deficienza che dovevo colmare.
Nel 2004 contro la volontà dei miei professori dell’ITI mi iscrissi a Filosofia, un po’ dubbioso sul mio futuro ma cosciente del cammino che avevo davanti, almeno fino alla laurea triennale.
In questi anni tutti mi hanno chiesto “perché filosofia?”, “cosa vuoi fare?”, e la domanda peggiore “e cosa puoi fare?” e ho sempre risposto con battute strampalate come queste domande, perché in fondo… perché una persona dovrebbe studiare filosofia?
Secondo me, come per tutti gli altri settori, si dovrebbero assecondare le proprie inclinazioni. (Non fate mai medicina solo perché si guadagnano un sacco di soldi, rovinereste un sacco di gente!)

Sul Corriere della Sera del 6 ottobre un articolo dal titolo “Nuovi filosofi, tra le risorse umane e la tentazione della pasticceria” affronta questo problema in modo abbastanza puntuale, finché alle conclusioni diviene superficiale perdendo così il punto vero della discussione.

Come c’è chi fa medicina lo per soldi, anche chi fa filosofia non lo fa per seguire semplicemente una sua naturale inclinazione, ma spesso come ripiego per non essere entrato in questa o quell’altra facoltà umanistica oppure perché non sapevano dove sbattere la testa dopo il diploma; e poi la filosofia è facile: basta ricordare cosa c’è scritto sul libro.

Lo studio della filosofia è invece lo studio di chi tende nel suo spirito all’onniscenza, non per superbo intellettualismo, ma per curiosità, per “amore per la conoscenza”, che non limita i propri studi alla filosofia in senso stretto delle idee platoniche o dell’esserci heideggeriano, ma cade più spesso in testi di psicologia, sociologia, antropologia o linguistica, e molto meno spesso anhe in testi di economia o giurisprudenza.

La filosofia con le sue poche domande e la sua infinità di risposte da confrontare criticamente allena la mente dei suoi studiosi al confronto diretto con i problemi e con le loro diverse soluzioni, articolazioni che rendono la mente dello studioso flessibile e aperta, libera da schemi precisi e pronti a rimettersi in gioco.
I colleghi che si sono iscritti invece per ripiego prenderanno posizioni assolute, facendosi difensori e portavoce di un unico filosofo fino al punto di dimenticare la genesi del problema che portò alla formulazione di quelle citazioni di cui si riempono la bocca, e lamenteranno di studiare cose non in linea con il loro pensiero e le loro abitudini.

Quindi forse non è lo studio della filosofia il problema che porta certi giovani a non trovare lavoro, ma il modo in cui l’hanno fatto, gli obiettivi che si sono posti e come hanno proceduto per raggiungerli.

Tra le materie a scelta nel mio piano di studi ci sono discipline che non sono filosofiche. Un tradimento? No; anzi, è propria per la voglia di conoscere, di ampliare i miei interessi e di rendere più flessibile il mio modo di pensare che ho fatto questa scelta.

Nell’articolo su citato si dichiara che la maggior parte dei laureati in filosofia nel primo anno dopo la laurea è disoccupato o precario. Mi chiedo: chi si laurea in economia o architettura invece fa soldi a palate? Specie qui al sud, gli ingegneri (che siano gestionali o aereospaziali) hanno un lavoro assicurato? Non è forse retorica quella di Maria Egizia Fiaschetti che firma quell’articolo?
Sempre in questo articolo si legge che «Il primo serbatoio occupazionale è quello delle risorse umane, seguito da marketing, comunicazione, organizzazione di eventi e attività di ufficio stampa. Il resto è spalmato tra carriera accademica e insegnamento», ovvero che gli studenti di filosofia dopo la loro formazione accademica si sono specializzati in HR, marketing e le altre professioni, oppure hanno continuato la storia della filosofia (anche se anche qui c’è da fare distinzione tra gli accademici che sono tali perché hanno vinto il concorso all’università e non quello in banca e chi invece entra nella storia della filosofia).

Quindi cosa c’è di ironico nell’aprire una pasticceria? Se dopo aver studiato pensieri articolati e averne prodotti altrettanti si arriva alla conclusione che la strada migliore per la propria professione sia quella di fare dolci, dove sta il problema? Probabilmente saranno dei dolci di fantasia, che sfideranno i limiti del gusto classico per oltrepassarli o per ritrovarne un’ortodossia.

 


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COMMENTI (1)

Da aladino
Inviato il 10 dicembre a 21:31
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Ciao..mi chiamo Lorenzo.condivido pienamente la tua scelta di studiare filosofia. analisi,elaborazione,stato di essere,studio del comportamento umano. La filosofia aiuta a risolvere tantissimi dilemmi, a volte emargina l'essere, ma nello stesso tempo lo evolve.. Lorenzo da cretarium..

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