Il videogioco inteso come forma d’arte ha tanto da offrire ad ognuno di noi non solo delle genuine emozioni, ma perché no… anche degli insegnamenti. Ricordiamo i capitoli affrontati precedentemente e capiremo che il videogioco e la cultura sono un qualcosa che cammina a braccetto e che continuerà a crescere nonostante le polemiche sollevate ogni volta che negli stati uniti si commette un omicidio. Di questo ne parleremo in un altro post più idoneo. Ora vorrei soffermarmi sulla questione della filosofia videoludica. Il titolo che andremo ad esplorare quest’oggi è un gioco giapponese, uscito qualche anno fa su PS3 e Xbox360 ed è CATHERINE. Il gioco ha da subito riscosso un successo tra la critica, ma lo stesso non si poteva dire del pubblico, che lo criticava per la sua forma un po’ troppo piatta. Questo piccolo, ma grande titolo racchiude dentro se un grandissimo potenziale filosofico, che noi vogliamo trattare un questo nuovo numero.
Fin da subito Catherine trasporta il giocatore in un mondo animato, ma dai tratti scuri e horror. Un mondo in cui le persone sono delle pecore e in cui i sogni dominano la vita dell’essere umano. Forse ad aiutarci potrebbe essere utile Freud, ma noi useremo una psicologia più sempliciotta, una terra-terra insomma. Non perché siete stupidi, ma semplicemente perché è più facile da percepire (per voi) e da scrivere (per me).
Vincent è il protagonista del gioco ed è lui che comanderemo nel corso dell’intera vicenda. Potrebbe essere uno di noi, perché si tratta di una persona cosi ordinaria da non riuscire immaginarlo come protagonista di un videogioco. Non potrebbe mai essere un vero protagonista in effetti, ma sono gli eventi più grandi a renderlo. Vincent è fidanzato con Katherine e vive la sua vita da solo in piena sicurezza. La sua dolce meta decide però di andare al livello successivo del loro rapporto e lo riferisce a Vincent. Qualche giorno prima sul telegiornale iniziarono a circolare delle voci riguardanti delle morti abbastanza sospette, ma chi mai potrebbe pensare che tutto questo accadeva nei sogni? Vincent di notte si ritrova in un posto particolare, in cui deve scalare una parete di cubi in compagnia di altri umani, trasformati in pecore. Tutto il gameplay a dire il vero ruota attorno al semplice concept della scalata, ma il contorno è talmente buono da diventare un cult del genere horror thriller.
Le scalate verso l’uscita sono piuttosto semplici da interpretare. Il primo giorno ad esempio l’unica notizia rivelata è che Katherine vuole portare la relazione ad uno step successivo e quindi da questa rivelazione veniamo catapultati in uno stage piuttosto piatto, che ci servirà da trampolino da lancio verso il futuro immediato. Perché immediato? Perché il gioco si svolge nell’arco di 8 giorni. Un lasso di tempo relativamente breve e forse grazie a questo riusciamo a percepire in modo ancora più forte l’emozione della vita di Vincent. Il vero guaio per l’uomo arriva dopo la rivelazione del volere di Kathrine. Al suo risveglio, Vincent si ritrova nel letto con una bionda formosa di nome Catherine e nasceranno le sue paranoie riguardanti il tradimento avvenuto durante la notte.
Stage dopo stage riusciamo a scalare i vari muri che ci capitano davanti e ad ogni boss capiamo che stiamo affrontando una delle paure del protagonista. Prendete ad esempio il momento in cui egli viene attaccato da un neonato. Il giorno stesso la sua ragazza gli dice che probabilmente è incinta e quindi avrà un figlio. Per un uomo questa notizia spesso e volentieri è tutt’altro che piacevole. Nell’incubo ci viene presentato quindi un infante davvero orribile che richiama in continuazione Vincent per farlo fermare… e ucciderlo. E cosi ogni volta che Kathrine rivela qualcosa e il nostro Vincent capisce che stanno arrivando quelle responsabilità che ha ogni adulto ecco che queste vengono riversate negli incubi, che appaiono sempre onirici e spaventosi. Definire questo gioco horror è forse un’esagerazione, ma nella sua semplicità il gioco riesce ad incutere un timore incredibile. Quindi cosa abbiamo capito fino a questo momento? Esatto. Le paure reali si manifestano nei sogni sotto altri aspetti e in forme molto più spaventose e gigantesche. Forse solo questo motivo potrebbe far rientrare questo titolo come un potenziale gioco filosofico, ma non ci soffermeremo solo e unicamente sulla trasposizione della paura nella forma onirica e andremo oltre.
Vincent ad un certo apprende che tutte le pecore che trova nel sogno sono delle reali persone e lui stesso per loro ha l’aspetto di una pecora. Ogni pecora è contraddistinta da qualcosa che ci fa capire la sua reale identità. Troviamo quindi una pecora con il cappello, un’atra con la cravatta o la sigaretta ecc. Lo stesso Vincent ha sempre con se il suo cuscino, un chiaro modo per dire “anche io mi dsitinguo”, anche se ciò avviene senza la sua reale approvazione.
Giorno dopo giorno scopriamo qualcosa sulla vita privata di un uomo che crede di tradire una donna che intanto lo vuole sposare. Incubo dopo incubo invece vediamo il modo in cui la paura si manifesta davanti all’uomo. Ad un certo punto però qualcosa sconvolge il giocatore e il protagonista. La necessità di crescere e di maturare. Eh sì, proprio quelle parole che molti di noi non vogliono nemmeno sentir nominare. Spesso cerchiamo di vivere nel nostro mondo immaginario per un periodo cosi lungo da pensare di essere entrati in un coma irreversibile. Tutto ha una fine però e prima o poi le nostre responsabilità avranno la meglio anche sulle nostre qualità da fuggiasco.
Vincent infatti si rende conto che in fondo non è male maturare e non nemmeno male stare con Katherine, la sua ragazza di sempre. Questo percorso lo porterà dritto ad una vera prova di forza tra lui e un nuovo temibile nemico, di cui però noi non parleremo, non qui.
A conti fatti quindi Catherine è uno splendido gioco che ci dice principalmente una cosa “dobbiamo maturare.”, ma non è solo questo. I messaggi di fondo sono tantissimi e riguardano tutti gli amici di Vincent e la stessa Katherine. Vista la moltitudine dei finali è molto difficile vedere quello neutrale vero, in cui Vincent capisce che dopo gli eventi successi prima e la piccola separazione con la sua ragazza la cosa migliore è lasciarsi andare. Questo è un insegnamento per tutti. Nella vita ad un certo punto bisogna amare o lasciar andare. Perché se non si prova nessun sentimento allora è inutile mentire ed è meglio dare la possibilità di far vivere delle nuove emozioni ad entrambi. Nel finale neutrale infatti Katherine si sposa con uno degli amici di Vincent, che era da sempre innamorato della donna. Il nostro personaggio invece fa tutte quelle cose che ha sempre desiderato fare, ma che non ha mai avuto il coraggio… Servono altri spiegazioni? Catherine va giocato e compreso e soprattutto goduto.