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Finale di partita

Creato il 25 marzo 2011 da Sogniebisogni
Finale di partita

Vado all’India a vedere l’ennesima (buona) versione di Finale di partita di Beckett. Chiusi in una stanza chiusa, lo spoglio rifugio di Endgame, sul quale si affacciano due finestre cieche, come gli oculi di un teschio spolpato dal tempo. Qui si agitano Clov e Hamm, immersi nella loro dialettica servo-padrone. Uno incapace di sedersi, l’altro di camminare, entrambi tagliati fuori dal mondo o piuttosto costretti all’interno di un confine esistenziale che alla fine riassume l’universo intero: un luogo dove arrivando si attende solo di andarsene. I dialoghi durante i quali nessuno ascolta veramente le risposte dell’altro diventano rituali meccanici, ossessivi, inarrestabili. Le parole si esauriscono solo per riprendere uguali a se stesse, insensate, inabili anche solo ad alludere alla realtà. Come non pensare che il loro mondo sia il nostro, denso di comunicati stampa, premier canterini, dittatori asserragliati nel bunker e chiacchiere a ripetizione? Ormai siamo nati, ormai siamo Nato. Andiamo a esistere e poi a non esistere più. Non c’è niente di più divertente dell’infelicità.

Finale di partita

di Samuel Beckett
traduzione Carlo Fruttero
regia Massimo Castri

Roma, Teatro India fino al 3 aprile 2011


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