Magazine Rugby
Difficile approcciare il day before a una finale mondiale senza scadere nel già detto. Come le formazioni (crf. qui) o il probabile gioco. Ribadiamo comunque, sulla carta sarà pressione montante - qualcuno l'ha definita "claustrofobica" - e sapiente gioco tattico da parte All Blacks, vs. iniziativa per il territorio e susseguente capitalizzazione dei piazzati e drop dall'altra, in attesa del break decisivo per entrambe -difficile attendersi tante mete in una finale.
Sulla carta, una riedizione del quarto di finale Nuova Zelanda - Argentina, coi Gauchos sommersi dalla Marea Nera ma dove i padroni di casa soffrirono impastoiati per oltre un'ora; certo che i piazzatori francesi sono un po' più precisi di Contepomi-Rodriguez e la difesa certamente meno fallosa di quella Pumas. In più, il management team francese insiste sulla necessità della aggressione. Quanto agli All Blacks, non devono guardare in faccia nessuno: sarà la solita performance, vòlta all'affermazione del loro predominio fisico e dinamico.
Siamo in finale, i risvolti mentali saranno densi anche se non sembra sussistere equilibrio tra le forze in campo. D'altro canto, quasi a compensare, i francesi si trovano nella prediletta posizione degli underdogs. Tenderebbero invero a speculare forse un po' troppo, loro e la stampa, sul ruolo di Bestia Nera dei Tutti Neri: risulta difficile pensare che i sorprendenti eventi del 2007 o del 1999 si possano ripetere di per sè, solo per "qualità genetiche".
Sia come sia, conseguenza è ulteriore pressione psicologica scaricata sui padroni di casa: già ne avrebbero abbastanza, con tutta quella messianica attesa nazional-popolare di riscatto dopo 24 anni, manco fossimo nella Argentina del Mundial 1978; la cosa potrebbe diventare dirompente in campo, sottolinea il ct Azzutto Jaques Brunel, se il punteggio rimanesse vicino.
Aldilà del prevedere cosa succederà nei muscoli e nelle teste dei giocatori, restano alcune sensazioni prima che la faccenda venga risolta in modo definitivo e senza appello dalla partita (tutto il resto son solo Pippe, le nostre per prime).
Ad esempio, la precisa sensazione di un campionato mondiale come "schiacciato", livellato, frenato, ancorato, per diciannove nazionali su venti.
Avete presente un matrimonio? Prima dell'evento tutti gli ospiti, di riguardo o meno, vengono blanditi, pregati quasi di intervenire, quale onore mi faresti etc.etc.; salvo poi prender atto che c'è un solo protagonista, la sposa, per quanto acchiappa-sguardo siano le mise delle damigelle (ebbene si, sovviene Pippa Middleton, in foto).
La sposa da glorificare nel suo giorno più bello, nel nostro caso è chiaramente la nazionale All Blacks; tutte le altre son ospiti, comprimari. Salvo divenire "corpi estranei" da aggredire, appena percepiti come pericolosi dal sistema immunitario predisposto da tempo e a tutti i livelli (regolamenti, arbitri, composizione gironi, opinione pubblica etc.), affinché tutto vada come DEVE andare.
La splendida e cortese ospitalità e la capacità organizzativa del piccolo popolo Kiwis non sono ovviamente in questione, anche se sono state sporcate dal miserevole atteggiamento collettivo riservato a Quade Cooper, prodromo di ulteriori alzate d'ingegno dei media e dell'opinione pubblica locale.
Come ad esempio definire la Francia in finale "un insulto".
Si comprende come il Galles fosse probabilmente percepito come sposo più giovane simpatico, carino e semplice da "incastrare", in grado di far risaltare al meglio le doti della sposa. L'Inghilterra di contro sarebbe stato lo sposo di nobile casata decaduto e pure un po' porco, l'Australia il vicino di casa ricco ma boro; ma la Francia, questa Francia per giunta, eh no!
Il fattore antisportivo congenito negli anglosassoni - lo chiamano "competitività", io la definisco necessità culturale di vincere a qualsiasi prezzo - è assurto laggiù a livelli impensabili, francamente ridicoli e farseschi, da mobilitazione nazionale. Frega nulla che troppi addetti ai lavori vivano la cosa con una sorta di invidia, quanti affari se fosse così anche da noi; su queste colonne abbiamo sempre stigmatizzato il bandieròn che diventa irrazionalità e lo facciamo anche coi bravi Kiwis. Ci spiace di fare i soliti bastian contrari, ma noi pensiamo che in Nuova Zelanda abbiano decisamente superato ogni limite, rotto gli argini e anche qualcosa altro. Una cosa insopportabilmente totalizzante, stile 'a Maggica Roma Lazzio in tempo di derby; claustrophobic, come la pressione che i loro giocatori sanno mettere sull'avversario.
Tant'è, tocca assistere a vari scoppi di emboli: come quello dell'ex capitano All Blacks Wayne "Buck" Shelford. Venerdì se n'è uscito sul Nz Herald elencando 10 tipi di falli stile thuggery, antisportivi ('arieccoce, il cieco che vorrebbe guidare il guercio), secondo lui "standard" per i francesi; sempre secondo l'ex All Blacks, verranno sicuramente tutti adottati anche nella finale di domenica. Da che pulpito, visto che tra gli All Blacks ce n'è uno soprannominato proprio "Thug".
Per inciso, c'è da ringraziare che i neozelandesi si sentano molto forti in mischia ordinata; altrimenti, chissà quali infamità non avrebbero tirato fuori contro Mas & Soci. Dopo San Siro, ricordiamolo, il signor Graham Henry andò a piangere sulla spalla dell'amichetto Paddy O'Brien e nei sei mesi successivi, la vita disciplinare di Martin Castrogiovanni divenne oltremodo pesante. Questa è storia, non Pippe.
Shelford in fondo andrebbe capito, in carriera riportò un molto spiacevole infortunio proprio contro la Francia: ebbe le palle schiacciate (eh si); quel che andrebbe capito assieme però è l'uso del tutto strumentale dei suoi risentimenti fatto dal giornale, diretto a influenzare l'arbitraggio. Un esempio di azione della famosa regìa affinché tutto vada come DEVE andare.
La stampa neozelandese in genere, pur quella meno esagitata e committed alla "Missione per conto di Dio" dell'intero popolo neozelandese, non s'è nemmeno fatta sfuggire la dichiarazione di Dave Ellis, assistant coach della Francia. Lo sventurato ha semplicemente osato dichiarare che stavano identificando dei punti deboli nella difesa neozelandese, ma la sua dichiarazione secondo Fairfax Media è diventata l'indicazione di un preciso target "underhand" (sottobanco): il piede ferito di Richie McCaw.
Tutti allora all'unisono a ricordare la infame sconfitta del 2007 al Millennium, stavolta senza prendersela con l'arbitro Barnes, che è pur sempre anglosassone e un arbitro (adesso la categoria va rispettata, dopo si vedrà), sottolineando invece l'uscita anzitempo di Dan Carter da quella gara, anche lui evidentemente "targettato" a bella posta dai kattivoni francesi.
Anche nel 2009 a Dunedin, ultima sconfitta in casa degli All Blacks da parte di una Boreale (sempre 'sta Francia!), sia McCaw che Carter erano assenti: ecco allora che tutto torna, secondo l'eccitabile mainstream locale. I media anglosassoni riprendono e rilanciano il tutto in modo apparentemente distaccato e cool, ma è evidente che la prima vittoria Mondiale di una Latina, di una non ex Colonies, risulterebbe poco auspicabile ed accettabile.
Se succedesse l'incredibile e l'indicibile, la scusa insomma è già pronta: sarebbe il risultato non certo della superiorità sportiva ma di un sordido complotto francese, una cospirazione che consisterebbe nel prendere di mira i giocatori chiave All Blacks in campo.
Robe da dire mettendosi la manina dinanzi la boccuccia, come se stessero parlando delle verginelle (eh si, sempre Pippa abbiamo in testa). Eppure ci dicono che nel Paese della Lunga Nuvola Bianca, tutti giochino e conoscano bene il rugby: dovrebbero allora sapere meglio di tutti che l'atteggiamento "darwiniano" in campo, il target sul più debole è norma, fa parte della essenza stessa di questo gioco pitiless.
Si vede che i neozelandesi preferiscono prender di mira gli avversari fuori dal campo: dagli spalti come con Quade, o designando/influenzando gli arbitri.
Il disegno freddo che ci sta sotto è nella realtà provare a mettere pressione sull'arbitro Joubert. La cui designazione sull'onda della semifinale si va rivelando scheggia impazzita, vero spauracchio, fattore sfuggito probabilmente di mano a quella regìa che tutto va predisponendo affinchè "tutto vada come DEVE andare" e che avrebbe probabilmente gradito uno stile arbitraggio più "lasco", meno attento.
Se capita, non gli rimarrà che cercare il tappo delle Isole per toglierlo. Tranquilli comunque, nun càpita. Masseccapita ...
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