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Finalmente, Lago Titicaca

Da Dbellucci

Doveva essere una tappa un po’ sfortunata, in effetti. Prima i blocchi stradali ci hanno fatto fare una deviazione verso sud, sino a Nazca. Poi, arrivati a Nazca, la signorina (a onor del vero, piuttosto sciatta) in biglietteria ha commesso il banale errore di scrivere un orario sbagliato sul nostro autobus per Arequipa, tappa intermedia per arrivare qui. Bella sicura mi dice che parte a mezzanotte e lo mette nero su bianco nel biglietto. Tranquilli, facciamo venire notte a Nazca seguendo, in piazza, un sermone della Chiesa Avventista con tanto di mezzi multimediali. Mi sentvo meglio, mi avevano quasi convinto. Alle 21 andiamo nella stazione, che sarebbe una panca in un garage con un bagno a pagamento e dei tizi in attesa (non tutti dell’autobus). Qui, una coppia di ragazzi incontrati alla mattina partono per la nostra stessa destinazione alle 23, un’ora prima di noi. Gli auguro buon viaggio e continuo a leggere Pirandello e a svestire mentalmente le passeggere dai visi risoluti. poi arriva il bus e salgono tutti e noi restiamo li’ come due salami. Scatta piccolo scambio di opinioni amichevoli e l’autista ammette che un autobus alle 24 non esiste, che il nostro biglietto si riferisce alle 23, che se vogliamo salire… forse pero´ c’e´ overbooking (dei bus?)… Insomma, partiamo.

Arriviamo ad Arequipa alle 9 del mattino. Mi sveglio in un contorno ancora diverso. Prendete la luna, solo con il nostro cielo e di colore bruno. Un deserto tagliato solo dalla strada. Arequipa, la cittá bianca del Peru´, arriva all’ombra (per modo di dire, l’ombra non c’e`) di tre vulcani, uno gigantesco come una grande gonna di una balia che protegge tutta la regione dall’alto dei suoi 6000 metri e dal basso della sua camera magnatica. Si chiama El Misti, e`una montagna incantata (non se ne abbia T. Mann) e perfetta, simmetrica, con un ampio cratere senza neve. Accanto, altri due vulcani dai nomi troppo complicati. Qui le agenzie offrono escursioni di tutti i tipi e spero che la gente non ci caschi. In pratica ti portano anche sulla cima di El Misti, a 6000 metri, in soli due giorni, alla faccia del mal di montagna. Altre escursioni gettonate (sui 15 dollari) prevedono la salita dei due vulcani innevati con ramponi e corde, “non si richiede esperienza”. Andra´bene cos¡´.

Finalmente, ieri abbiamo lasciato Arequipa diretti qui, a Puno, sul lago Titicaca (che vuol dire “puma grigio” se ho capito bene). Con la salita e’ cominciato un mal di testa da cani (solo a me, ovviamente) chenon andava via con niente. Una rabbia. Siamo arrivati a Puno, che e`a 4000 metri con un freddo da bestia. Cosi’, siccome tutti i the di coca che mi faccio non servono a nulla, vengo a sapere di una pillola miracolosa che fa sparire il mal di montagna e tutti i suoi effetti. Una specie di miracolo del dio della Montagna Ubuntu. Il farmacista, con la sua bella paglia accesa e i dentoni da sobrino (un roditore di queste parti), mi dice che con questa passa tutto. Ecco la composizione:

paraciatemolo 300 mg

acido acetilsalicilico 300 mg

caffeina 60 mg

Mi dice: ne prenda tre al giorno. Equivale, ad occhio e croce, a tre aspirine al giorni + due tachipirine da 500 piu´sei caffe’. Chiaro che passa tutto. Cosi`continuo a bere mate di coca, leggermente stimolanti da ogni punto di vista.

Oggi abbiamo visitato le piccole comunita´che vivono sulle isole del lago. Il lago e’ talmente grande che sembra di essere al mare. Con l’arrivo del sole (naturalmente siamo partiti all’alba) l’effetto sull’acqua e`notevole, tanto per il turchino intenso, quanto per il cielo, limpidissimo e di un blu irreale. Da un lato corre la sponda peruviana, coperta di puna (prateria d’alta quota), dall’altro la Cordillera Real del Bolivia, innevata e affossata da grossi nuvoloni. E’ incredibile come un popolo abbia deciso di lasciare la terra ferma per diatribe con gli incas e spostarsi a vivere sul lago costruendo isole artificiali. Voi direte: come a Venezia. Il principio e’ quello, ma il risultato diverso. Qui le isole sono fatte di canne. Tonnellate di canne disposte a partire dal fondo fino alla superficie. le isole stesse sono ancorate con dei tiranti per mantenerle stabili. Sono piccole, del colore dorato della paglia, e tutto sulle isole ha lo stesso colore: le capanne, i recinti, le barche. Tutto di canne intrecciate. E tutto con vita limitata. Ogni isola, se be fatta, dura 25-30 anni, poi marcisce e si sfalda e bisogna rifarla. La laboriosita´e la fantasia dell’uomo, in questo senso, non ha proprio limiti. Sulle isolette camminano beati anche gli animali da cortile, che qui sono ibis neri addomesticati, conigli e anatre. Camminare su queste isole e`come camminare su dei covoni di fieno. La gente mangia pesce, ibis fatti seccare e canne, ovviamente. Non sono cattive perche` non sanno di nulla. La comunita´ che abbiamo visitato e`l’unica che accetta gli stranieri; le altre, piu´lontane, non accettano visitatori. Qui i bambini nascono e muoiono senza che siano registrati. La seconda comunita´visitata, invece, e´senz’altro notevole per la struttura sociale. L’isola, in questo caso, e’ di terra vera. Gli abitanti vivono in quella poverta´ che non e’ miseria, e la comunita´e`autosufficiente. Senza tirarla lunga sull’alimentazione, gli usi e i costumi, vi lascio un curioso aneddoto. Questa gente porta orgogliosa un cappello che indica lo status sociale. C’e`il berretto dei single e quello degli sposati. Non solo, il berretto dei single, se portato col pon pon sulla spalla, allora significa che proprio la donna non c’è`; se portato col pon pon sulla schiena, allora equivale al nostro “fidanzato”. Naturalmente un colpo di vento puo´spostare la coda del berretto dalla schiena alla spalla, tra l’ira indignata della donna di turno. Poi ci sono i 6 berretti dei capi-comunita´, votati per alzata di mano, e il cappello del sindaco dell’isola che si porta sopra al berretto del capo-comunita´. Da qui, se ho capito bene ma non ci giuro, per diventare sindaco bisogna essere anche capi-comunita´. E’ un po’ come il berretto rosso del Grande Puffo. Sull’isola lavorano tutti, non esiste polizia, non esiste corruzione, i capi-comunita´ non percepiscono paga, gli uomini e le donne hanno pari diritti e doveri. Ogni coppia costruisce la propria casa, eventualemente con l’aiuto dei vicini. La donna tesse, per il proprio uomo, anche il cinto erniario per proteggere il busto dalla fatica, visto che le pietre sono sulla riva del lago e vanno portate in salita – e che salita – sino al paese per ogni nuova casa. Ci mettete che noi, debolucci come dei gattini, dopo tre passi siamo gia´sfiancati… A una tipa spagnola che era con noi hanno dovuto mettere anche l’ossigeno…

Vi saluto, prima di partire per la Bolivia, riportando in ordine alfabetico gli animali che abbiamo visto fin ora:

- anatrine

- asini

- cani (come i nostri)

- capre (idem)

- caracara (e`un uccello che volava solitario sul Nevado Veronica)

- carachi (sono i pesci del lago Titicaca)

- colibri’ (come i nostri)

- conigli

- fenicotteri

- ibis (addomesticati)

- lama dal muso ciccio

- lama dal muso lungo

- lucertola grossa (a Macchu Picchu)

- maialino nero

- maialino pezzato

- mucca

- mucca di sasso (sull’altipiano per Aiacucho)

- pecora (molto piu lanosa)

- porcellino d’India (ma non cotto. Qui lo fanno grigliato)

- rondine con la schiena azzurra

- sobrino (roditore visto al buio, su wikipedia non esiste)

- tacchini sul camion

- vigogne



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