Finanziamento pubblico: non lascia, ma raddoppia

Creato il 01 giugno 2013 da Albertocapece

Io non sono per nulla contrario al finanziamento pubblico dei partiti che esiste dovunque in Europa, ma non posso che aborrire i raggiri attraverso i quali un ceto politico che rappresenta ormai solo se stesso, finge di accettare ciò che fino a ieri definiva populismo e cioè l’abolizione dei rimborsi elettorali, ma mette in piedi un meccanismo infernale per cui i contributi pubblici alle forze politiche rischiano di raddoppiare e triplicare. Per fortuna che a sentire Letta il delirante ddl uscito dal consiglio dei ministri era necessario “perché ne va della credibilità del sistema politico italiano”.

Ecco che cosa intende il premier per credibilità: riuscire a darla a bere. E se la cosa fosse confinata a questo tema, pazienza, il brutto è che il metodo si estende a tutta l’attività di governo fatta di annunci e di carote sventolate davanti ai cittadini per nascondere il nodoso bastone. Come tutti hanno probabilmente già letto e sentito il nuovo meccanismo si basa su un 2 per mille (* vedi nota) che nella dichiarazione dei redditi dovrà essere assegnato o allo stato o ai partiti, ma che funziona come l’8 per mille alla Chiesa che tante soddisfazioni ha dato al Vaticano: se non indichi nulla il tuo 2% andrà comunque in quota proporzionale al finanziamento dei partiti e avrà il carattere di prelievo forzoso. Si mormora che ci sarà un tetto di 61 milioni per anno: non ci credo, ma anche fosse, questo significa di fatto un raddoppio netto nell’arco di una legislatura di quel contributo pubblico che si voleva abolire. Senza parlare di sedi e bollette gratuite, dei fantomatici corsi di formazione politica, di servizi di vario tipo e persino della la concessione gratuita di spazi televisivi.

Ma attenzione: in questo caso la truffa è doppia perché fingere di voler eliminare i contributi pubblici quando invece li si aumenta vertiginosamente serve anche a fare un’altra operazione, quella di aprire  definitivamente le porte al lobbismo. Infatti viene prevista una detrazione fiscale per le donazioni volontarie  pari al 52% per gli importi compresi fra 50 e 5 mila euro annui e al 26% per le somme tra 5 mila  e 20 mila. Non si sa se la detrazione vale anche per importi superiori (non ci sarebbe comunque problema a suddividere il contributo in diverse tranche), ma in questo modo è evidente che si sottraggono altri soldi all’erario e si mette in moto un meccanismo perverso di condizionamento dei partiti conditi da meccanismi di evasione nascosta e di collusione. Questo senza parlare delle Fondazioni dove si può fare di tutto e di più. Naturalmente la detrazione fiscale non obbliga il donatore a rinunciare alla privacy e ad apparire in chiaro come sostenitore di questo o quel partito o magari di più partiti, lasciando gli elettori ignari delle pressioni e degli interessi che si muovono dietro le quinte. Essi saranno cornuti e mazziati. Cornuti perché ci sarà comunque un forte finanziamento pubblico, mazziati perché vi si aggiungerà il sistema alternativo che è tipico del lobbismo, ma con lo svantaggio però di non poter conoscere i nomi dei “donatori”.

Insomma dopo il magico tocco di Letta abbiamo il peggio dei due sistemi assemblati insieme per la salvezza e a questo punto l’agiatezza del ceto politico. Un risultato però complessivo del Paese: di quello che protesta e non s’ingaggia, di quello che sussurra e si fa leggi ad castam. E figuriamoci il resto.

*Nota Spesso, come succedere per l’8 per mille, si cerca confondere le carte in tavola facendo perno sulla volontarietà delle donazioni. In realtà ciò che si indirizza verso questo o quell’obiettivo nella dichiarazione dei redditi non sono più i nostri soldi, ma quelli che già dobbiamo allo Stato. Non diminuisce o aumenta ciò che dobbiamo pagare, ma semplicemente ne spostiamo una parte  dall’erario pubblico ai partiti, al Vaticano o ad altre organizzazioni. Si tratta dunque di soldi pubblici


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :