Fine di Utopia

Creato il 15 aprile 2011 da Alesan
Vittorio Arrigoni si firmava Vik sul proprio blog e amava firmare i post con il suo motto, quel "restiamo umani" che è divenuto titolo di un suo libro tradotto in diverse lingue. Pare che alcuni lo chiamassero Utopia e questo spiega il suo ideale estremo di libertà da conquistare attraverso la cooperazione, la logica della pace, della fratellanza. Spiega anche il suo estremismo, tipico dei sognatori, un idealismo talvolta incomprensibile per quelli che, come me, vivono queste cose da lontano, comprendono le battaglie ma si rendono conto di essere troppo deboli, e viziati, per lanciarsi in avventure del genere. Oggi mi piace chiamarlo Vik, senza conoscerlo, usando un tono amichevole nei confronti di chi rappresenta concretamente quello che molti pensano soltanto: la solidarietà, l'aiuto concreto, la difesa dalla parte dei più deboli. Chi ha visto quelle zone, chi ha potuto raccontarle, sa quanto sia triste il silenzio del mondo nei confronti di un popolo che non ha diritti, che non ha futuro, che non ha pace. Non è per sentirci in colpa che dobbiamo ammetterlo, è perché è la verità, la verità di una difesa estrema e pilotata dai burocrati per un popolo che si è definito eletto e che da troppo tempo, invece di cercare la pace come dice, sostiene lente torture utilizzando sempre le motivazioni dell'olocausto che fu e del diritto di esistere in mezzo a territori nemici. Ma il diritto degli altri? La civiltà non sarebbe anche anteporre la politica e la diplomazia alla religione dell'invasione. Per chi, come me, non ce l'ha con Israele, la risposta è sì perché, in ogni modo, senza doversi schierare, la verità è chiara. Il numero dei morti anche.
Vik era membro di un ente di solidarietà internazionale (l'International Solidarity Movement) con sede e comando in Palestina, un gruppo di ragazzi di ogni parte del mondo troppo scomodi per Israele, in quanto occidentali in grado di raccontare, da testimoni oculari, quello che realmente avviene nella Striscia di Gaza, e troppo pericoloso per gli integralisti vicino ad Al Qaeda, che rischiano di vedere andare in fumo i propri proclami sui vizi occidentali di fronte a tanto sforzo, tanto coraggio, tanta unione. Vik è morto per mano di un gruppo di estremisti, forse è morto perché qualcuno ha pensato e voluto che finisse così, è morto come Rachel Corrie e come ogni tanto capita a chi alza la testa in nome della solidarietà e della difesa concreta del diritto ad esistere. A chi non riesce più a far finta di nulla. Uccisi a volte dal "fuoco amico", a volte da chi la pace non la vuole. Preferisce la paura, il terrore, la morte in nome di un sadismo che non ha ragione.
Li chiamano pacifisti, attivisti e non so cos'altro, so solo che loro si mettono in gioco, che il loro idealismo li porta ad essere concreti, coraggiosi, forse spericolati, ma li porta all'inferno di Gaza da dove, come Vik, danno fiato e immagini attraverso il web ai diseredati, ai bambini massacrati, alle lacrime di sangue e alla voglia di giustizia e dove si arriva ad una rivolta pacifica del popolo di Gaza con tanto di bandiera italiana che campeggia su una bara in suo ricordo, in suo onore. Un onore che dovremmo fare nostro lottando per la verità e la giustizia, ogni giorno, senza avere paura, come lui, di discriminare le idee giuste da quelle sbagliate anche se parte della stessa persona, difettosa come altre, senza vivere insomma nel mito, nell'eroe, nell'uomo forte. Come fanno quei ragazzi, come fanno quelli dell'ISM che gli integralisti islamici minacciano di morte ogni giorno dal web. Ragazzi che fanno questo in cambio di nulla, con la consapevolezza di aver visto il diavolo negli occhi e di non riuscire a dimenticare o a voltarsi dall'altra parte, lo fanno per un'idea, superiore a qualunque cosa noialtri si possa immaginare, convinti e concreti nel nostro fare ideologia senza il coraggio, la volontà, la lucida follia di chi il mondo lo muove con le proprie mani. Non solo con le parole, non solo subendo il fatto. Ma facendo qualcosa. Con Vik muore Guerrilla Radio, il suo blog, muore un ragazzo di 36 anni impegnato con convinzione nella causa del più debole, nella causa della pace. Con Vik muore un pezzo di utopia, un sogno in più che si infrange nella notte palestinese che sembra non avere mai un sole disposto a sorgere per porre fine all'oscurità.
Alcune foto dal blog di Vik, non per giudicare, non per dare un'idea definitiva, non per cercare un nemico, non per dire che sto da questa o da quella parte. Solo per ricordare che la democrazia e la pace non si costruiscono sotto i corpi dei bambini che muoiono. Che con la forza e la violenza non ci costruirete nulla. Che chi incita a sparare, a uccidere, a eliminare fisicamente il "nemico" è e rimarrà sempre un nazista. Il diritto a difendersi è lecito, nel momento in cui l'intento è trovare accordi.  Solo per stare dalla parte di chi è debole; le altre sedie, come al solito, sono tutte occupate.



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