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La Pericolosa Modestia di Obama sul Medio Oriente

Creato il 15 giugno 2015 da Gianluca Pocceschi @geopolitiqui

L’ultimo lunedì di maggio si celebra il Memorial Day nell’anfiteatro di marmo bianco del cimitero nazionale di Arlington. In quell’occasione Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, ha rilasciato una breve dichiarazione che dice molto del suo punto di vista sull’esercizio della potenza militare americana:

“Oggi è il primo Memorial Day in 14 anni che gli Stati Uniti non sono impegnati nei maggiori teatri di guerra”.

Nel giorno che l’America ricorda i suoi soldati caduti, 7.000 dei quali hanno perso la vita nei conflitti susseguenti gli attacchi dell’11 settembre, Obama parla del Credo che il paese ne ha abbastanza della guerra..

Poco importa se l’Afghanistan è instabile in maniera inquietante. Oppure che l’Iraq (Leggi L’Iraq nella morsa della Fede) e la Siria (Leggi La Libanizzazione della Siria) sono a pezzi in un caos tra milizie sunnite e sciite di ogni ordine e grado.

Oppure che la Libia (Leggi Un Fallimento chiamato Libia) è uno stato fallito con una guerra civile in corso oppure che lo Yemen è diventato un Afghanistan Saudita (Leggi Yemen, Afghanistan Saudita?) all’imbocco del mar Rosso. Per non parlare degli “amici” americani come Israele e le monarchie arabe che si sentono abbandonati.

Ma Mister Obama protesta che quando il mondo si sente perso è inevitabile che i popoli accusano chiunque risieda nella Casa Bianca.

Questa controindicazione è specialmente indicata per il Medio Oriente dove l’America ha focalizzato i suoi sforzi in politica estera per decenni:

  • fermare l’espansione sovietica durante la guerra fredda;
  • preservare l’accesso al petrolio del golfo Persico;
  • supportare Israele nei suoi conflitti con gli Stati Arabi;
  • contenere il rivoluzionario Iran
  • cambiare il regime in Iraq come sedicente primo passo per la promozione della democrazia attraverso la regione

Oggi, in parte come risultato dell’invasione dell’Iraq del 2003 che ha portato all’estromissione dal potere di Saddam Hussein, la regione è in subbuglio.

La Primavera Araba del 2011 ha rovesciato molti capi di stato e classi dirigenti, ma raramente come sarebbe piaciuto agli Stati Uniti.

Una democrazia sta mettendo piccole radici in Tunisia, ma già in Egitto il colpo di mano del Generale Abdel Fattah Al – Sisi ha rimesso in piedi il regime autoritario tanto caro a Hosni Mubarak.

Nella porta accanto la Libia è nel caos; altrove in Siria e in Iraq regna la guerra civile, con pezzi di territorio in mano alla bruttezza dello Stato Islamico (IS) (Leggi Ritratto dei Terroristi ISIS. Aspiranti padroni dell’Iraq).

Iran e Arabia Saudita hanno ingaggiato un prossimo conflitto in Yemen. Libano e Giordania non hanno la guerra in casa, ma milioni di profughi da accogliere.

Con queste premesse, Hillary Clinton si candida alla Casa Bianca come successore di Obama. Purtroppo devo ammettere (anche se mai me lo sarei sognato) che Jeb Bush, fratello di George W e candidato alle primarie presidenziali per i Repubblicani, potrebbe avere ragione quando accusa Obama di alienare gli amici dell’Americani e di fallire nell’inspirare paura ai suoi nemici.

Una modestia dell’amministrazione Obama veramente pericolosa: perché il mondo senza un Padrino, non si sa più orientare.


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