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Fir e franchigie, tra soldi e personalismi

Creato il 14 novembre 2011 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa

Fir e franchigie, tra soldi e personalismiRugby 1823 ha affrontato la questione Fir-Treviso – e in senso lato, franchigie – attraverso lo specchio di quello che Lutero definiva “lo sterco del demonio”, e cioè il denaro.
Duccio Fumero ha snocciolato quelli che sono i tre aspetti principali della vicenda, almeno quelli che più da vicino hanno da fare con i soldi. Vediamoli

1. La Federazione paga alle franchigie il 60% degli stipendi dei giocatori d’interesse nazionale, dello staff tecnico, dello staff medico e dei direttori sportivi.
2. Melegari ha dichiarato (lo ha detto una settimana fa proprio al sottoscritto, in questa intervista, ndr) che – parlando di stipendi – la Fir paga il 25% del budget. Calcolando due budget minimi di 8 milioni di euro (cioé il minimo richiesto dal Board celtico), un quarto equivale a 2 milioni di euro. Cioé Treviso e Aironi ricevono circa 2 milioni all’anno per un totale di 4 milioni (dati confermatemi anche da altre fonti), mentre pagano circa 6 milioni all’anno a testa.
3. La delicata questione “gettone di presenza”. Quando l’accesso alla Celtic League sembrava compromesso il Board chiese un extra di 3 milioni di euro annui alla Fir. Inizialmente doveva venir pagato al 50% dalla Fir e al 25% da ogni franchigia, ma alla fine i soldi – secondo le mie fonti – sono stati pagati dalla Federazione. E questo accordo vale per tutti e quattro gli anni di partecipazione al Pro 12.

Questo da Rugby 1823. Io aggiungerei che nonostante quello che il presidente FIR ha detto a La Tribuna questa mattina – e cioè che non è una questione di personalismi – le rivalità anche personali hanno un discreto peso in tutta la faccenda. Come hanno un discreto peso nei tanti orticelli del rugby italiano, grandi o piccoli che siano. Dispetti e dispettucci a tutti i livelli che presi singolarmente non sono poi così gravi, ma che messi in fila creano una atmosfera poco simpatica.
Ad esempio la “questione Sbaraglini”: chiamato a metà Mondiale da Mallett, il prima linea trevigiano è andato in Nuova Zelanda ma non ha mai messo il piede in campo. Secondo gli accordi, quando un giocatore viene chiamato in azzurro per sostituire un collega infortunato, la sua società di appartenenza riceve un premio di 5mila euro se impiegato in partita. Se non va nemmeno in panchina generalmente viene rimandato a casa in tempo per essere utilizzato dal suo club nel campionato di appartenenza. La Nuova Zelanda è ovviamente troppo lontana per fare avanti-indietro, ma a Treviso lamentano di non aver avuto il giocatore a disposizione per alcune settimane e di non aver ricevuto nessun rimborso. A rigor di normativa la FIR non doveva proprio nulla, ma forse il buon senso dice un altra cosa.
Ovvio che il problema tra FIR e Treviso non sono i “casi Sbaraglini”, ma nel clima avvelenato è una nuova scintilla che potrebbe trovare nuova legna da bruciare.

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