Si sta timidamente affacciando la stagione dei fiori, del verde, dei profumi, del sole e delle passeggiate all’aria aperta, la stagione delle scampagnate e delle escursioni, o semplicemente delle oziose domeniche pomeriggio da trascorrere piacevolmente in un giardino. Il giardino potrebbe essere quello della Villa Medicea di Castello, adagiata in quella che oggi è la periferia di Firenze e che un tempo era aperta campagna. Oggi la Villa è la sede dell’Accademia della Crusca, ma nel Rinascimento fu una dimora importante per la storia della famiglia Medici, sua proprietaria: qui nacque e trascorse gli anni della giovinezza Cosimo I, per esempio, colui che sarebbe diventato il Granduca di Toscana nel 1537 e che avrebbe reso Firenze una potenza economica e politica senza pari nel panorama italiano rinascimentale.
La villa, che un tempo era arredata con dipinti di tutto rispetto, quali la Venere del Botticelli, oggi non è aperta al pubblico, se non in particolari occasioni; il giardino invece è aperto tutti i giorni dalle 8.15 fino alle 16.30 nei mesi invernali, 17.30 a marzo, 18.30 in primavera e in autunno e 19.30 in estate (per info vedi qui).
Il giardino della Villa di Castello non è semplicemente un giardino: è il primo giardino all’Italiana a vedere la luce, su impulso proprio di Cosimo I: il suo architetto, Niccolò Tribolo, realizzò prima questo, definito dal Vasari uno dei “più ricchi giardini d’Europa”, del più famoso e più grande giardino di Boboli; un giardino ricco di storia, che ha visto illustri personaggi calpestarne le aiuole o annusare il profumo dei fiori. Ve ne racconto una, di storia, che vi calerà direttamente nelle atmosfere cinquecentesche di Firenze mentre passeggiate tra gli agrumi della limonaia o tra le aiuole fiorite.
Uno scorcio del giardino all’Italiana della Villa medicea di Castello
Cosimo I era figlio di un illustre rampollo della famiglia Medici: Giovanni, detto Giovanni dalle Bande Nere, Capitano di Ventura, che morì nel 1526 in seguito ad una ferita da arma da fuoco procuratagli da un cannoncino durante una battaglia contro i lanzichenecchi che stavano scendendo verso Roma (il famoso sacco di Roma del 1527). Proprio la morte di Giovanni, fino a poco tempo fa avvolta nel mistero e nelle dicerie, è stata finalmente chiarita di recente, grazie ad uno studio antropologico condotto sulle sue ossa seppellite dentro la chiesa di San Lorenzo a Firenze. Si sapeva dalle fonti infatti che Giovanni dalle Bande Nere era stato ferito il 25 novembre da un colpo d’arma da fuoco e che era morto pochi giorni dopo di setticemia a seguito dell’amputazione della gamba stessa. Ma vi era mistero su quale fosse esattamente l’arma che l’aveva colpito (cannoncino? Archibugio?) e dove (tibia? Ginocchio? Coscia?). Addirittura c’è chi sospettò che il medico che aveva soccorso Giovanni, Maestro Abramo, avesse curato male il moribondo perché corrotto da qualche nemico del capitano di ventura. Le analisi condotte sulle ossa hanno invece permesso di capire che Giovanni fu ferito alla parte inferiore della gamba da un colpo di cannoncino che verosimilmente lo amputò. Si rese necessaria un’amputazione fatta come si deve, alla tibia, in modo da limitare il più possibile i danni, ma tale amputazione non fu sufficiente: nessun bisogno di urlare al complotto, dunque, semplicemente Giovanni dalle Bande Nere morì, dopo anni di battaglie e di campagne militari, perché per lui, dopo l’amputazione, non c’era più niente da fare.
Il giardino all’Italiana della Villa Medicea di Castello
Il figlio Cosimo, una volta giunto al potere a Firenze, istituì un vero e proprio culto familiare nei confronti del padre, che fece celebrare in ogni dove, in Firenze stessa, con statue e commemorazioni: la statua che campeggia in piazza San Lorenzo, ad esempio, ritrae il condottiero seduto, posa inconsueta per un uomo d’arme, ma che si spiega con la collocazione per la quale era stata studiata: la Cappella Negroni della basilica di San Lorenzo. Alla fine invece la statua fu posta direttamente sulla piazza ed è qui che ancora oggi la si può ammirare.
Passeggiando per il giardino della Villa di Castello, dunque, si respira la storia, uno degli intensi capitoli della storia di Firenze, quando, signoria potente nel centro Italia, era sia ago della bilancia della situazione politica nella penisola che centro propulsivo delle arti: era il Rinascimento, insomma.
PS: questa storia è stata raccontata dalla Soprintendente del Polo Museale Fiorentino Cristina Acidini e dal prof. Fornaciari, paleoantropologo dell’Università di Pisa che ha studiato i resti mortali di Giovanni dalle Bande Nere, al X Incontro Nazionale di Archeologia Viva dello scorso 2 marzo. Mi è sembrato interessante riproporvelo perché come a me ha stimolato la fantasia il fatto di collegare una storia ad un luogo che conosco, così ho pensato che potrebbe far piacere conoscere un capitolo di storia di Firenze al quale la villa di Castello ha fatto da sfondo…
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