Il 16 giugno 2014 verrà ricordato come il lunedì nero del fisco: secondo una stima effettuata dall’ufficio studi Cgia, le famiglie italiane e le imprese dovranno versare all’incirca 54,5% miliardi di euro tra imposte, tasse e tributi, una percentuale pressoché irreale, se vogliamo.
Difatti si riteneva, erroneamente d’altronde, di aver toccato il fondo con l’istituzione della Tasi sulle abitazioni ad uso residenziale e sugli immobili strumentali (questo per i comuni che hanno deliberato l’aliquota entro lo scorso maggio); invece sulle seconde, terze case, negozi e capannoni bisognerà pagare anche l’imu; ancora, le imprese dovranno versare l’Irpef, le addizionali Irpef, l’Ires, l’Irap, l’Iva e tutta una serie di altre imposte minori.
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, spiega in maniera succinta la questione: A seguito del perdurare della stretta creditizia non sono pochi i piccoli imprenditori che hanno trascorso queste ultime notti in bianco con il pensiero di come fare per recuperare le risorse, per onorare questo ingorgo fiscale. Nel nostro Paese, purtroppo, oltre al carico fiscale che ha raggiunto un livello ormai insopportabile, c’è anche la difficoltà nel definire con esattezza gli importi da pagare. Si pensi che per “espletare” il pagamento delle tasse, in Italia sono necessarie 269 ore all’anno, pari a 33 giorni lavorativi. In Europa solo il Portogallo presenta una situazione peggiore della peggiore della nostra”.
Insomma, il quadro della vicenda appare piuttosto deleterio e allarmante: l’imposta più onerosa, stando alla stima della Cgia, sarà indubbiamente l’Ires, versata sui redditi pagati dalle società di capitali, il cui ammontare si aggirerebbe intorno ai 14,7 miliardi di euro.
A seguire i 10,8 miliardi di euro, derivanti dall’accoppiata irragionevole Imu-Tasi. Infine, i 9,7 miliardi di euro sulle ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti e dei collaboratori versate dai datori di lavoro.