Una superba mezz'ora finale giustifica forse lo straordinario successo di critica ricevuto da Fish Tank, non ultima la vittoria del BAFTA come miglior film inglese dell'anno. Si sa, nel cinema inglese la denuncia sociale sta come le corna a quello italiano, entrambe sono onnipresenti. Qui si racconta la storia della quindicenne Mia, adolescente ribelle, testarda e maschiaccio con, apparentemente, il solo sogno di diventare una ballerina di hip hop ma in realtà in cerca di quell'amore, di quelle attenzioni, di quella protezione che la sua giovane madre snaturata non gli ha mai saputo dare. La squallida vita della sua famiglia viene in qualche modo sconvolta con l'arrivo di Connor (un ottimo Fassbender), bello e gentile, amante della madre. Con un sottilissimo gioco psicologico, a mio modo di vedere raccontato perfettamente nella pellicola, madre e figlia cominceranno ad avere una sorta di conflitto, rivalità per il "possesso" del giovane.E se nei primi 3/4 della pellicola si procede molto blandamente senza particolari scene che catturano l'attenzione (se non quella magnifica della svestizione di Mia da parte di Connor), nell'ultima mezz'ora abbiamo un improvviso cambio di ritmo intendendo per ritmo quello puramente mentale derivante da una potenza narrativa che piano piano finalmente viene fuori. Tutto crolla nel mondo di Mia: la cavalla, simbolo di se stessa imprigionata in un mondo, in un acquario (fish tank) che le sta stretto, muore; l'audizione, ultima speranza di Mia di uscire dalla sua squallida vita (e forse dalla prospettiva di una scuola correttiva), si rivela molto diversa da quello che pensava; Connor, in poco tempo divenuto vero e proprio punto di riferimento per la ragazza, allo stesso tempo surrogato delle figure del padre e dell'amante, non è quello che sembra. A tal proposito la scena di Mia con la figlia di Connor è allucinante, 5 minuti di tensione purissima, veamente magistrale. Così, quando non hai più niente, quando non ci sono più speranza, l'unica salvezza è la catartica fuga. Prima però, probabilmente per la prima volta nella loro vita, c'è un attimo in cui Mia, sua sorella e la madre vivono la sensazione di essere una famiglia, di volersi bene. Ad Hollywood avremmo avuto qua il the end, ma questo è il cinema inglese, radicato nella realtà, e un ballo non può cancellare quindici anni di disamore, di indifferenza, di nulla.
Una superba mezz'ora finale giustifica forse lo straordinario successo di critica ricevuto da Fish Tank, non ultima la vittoria del BAFTA come miglior film inglese dell'anno. Si sa, nel cinema inglese la denuncia sociale sta come le corna a quello italiano, entrambe sono onnipresenti. Qui si racconta la storia della quindicenne Mia, adolescente ribelle, testarda e maschiaccio con, apparentemente, il solo sogno di diventare una ballerina di hip hop ma in realtà in cerca di quell'amore, di quelle attenzioni, di quella protezione che la sua giovane madre snaturata non gli ha mai saputo dare. La squallida vita della sua famiglia viene in qualche modo sconvolta con l'arrivo di Connor (un ottimo Fassbender), bello e gentile, amante della madre. Con un sottilissimo gioco psicologico, a mio modo di vedere raccontato perfettamente nella pellicola, madre e figlia cominceranno ad avere una sorta di conflitto, rivalità per il "possesso" del giovane.E se nei primi 3/4 della pellicola si procede molto blandamente senza particolari scene che catturano l'attenzione (se non quella magnifica della svestizione di Mia da parte di Connor), nell'ultima mezz'ora abbiamo un improvviso cambio di ritmo intendendo per ritmo quello puramente mentale derivante da una potenza narrativa che piano piano finalmente viene fuori. Tutto crolla nel mondo di Mia: la cavalla, simbolo di se stessa imprigionata in un mondo, in un acquario (fish tank) che le sta stretto, muore; l'audizione, ultima speranza di Mia di uscire dalla sua squallida vita (e forse dalla prospettiva di una scuola correttiva), si rivela molto diversa da quello che pensava; Connor, in poco tempo divenuto vero e proprio punto di riferimento per la ragazza, allo stesso tempo surrogato delle figure del padre e dell'amante, non è quello che sembra. A tal proposito la scena di Mia con la figlia di Connor è allucinante, 5 minuti di tensione purissima, veamente magistrale. Così, quando non hai più niente, quando non ci sono più speranza, l'unica salvezza è la catartica fuga. Prima però, probabilmente per la prima volta nella loro vita, c'è un attimo in cui Mia, sua sorella e la madre vivono la sensazione di essere una famiglia, di volersi bene. Ad Hollywood avremmo avuto qua il the end, ma questo è il cinema inglese, radicato nella realtà, e un ballo non può cancellare quindici anni di disamore, di indifferenza, di nulla.
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