Fisica quantistica e Teoria delle Stringhe – Il ruolo del mistero nella scienza, la matematica come porta per esplorare la “realtà nascosta” e l’illusione del libero arbitrio, o dei discorsi irlandesi di Brian Greene.

Creato il 11 novembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Rina Brundu. L’estate 2012 è stata una estate molto calda per la comunità scientifica irlandese. Oltre alla straordinaria visita di Rolf-Dieter Heuer, direttore generale del CERN, nell’aftermath dell’epocale annuncio sull’osservazione di una nuova particella coerente con il bosone teorizzato da Peter Higgs, una Dublino quanto mai desiderosa di scuotersi di dosso la crisi di Sistema ha finanche dato il benvenuto al sempre loquace quanto simpatico professor Brian Greene mentre impegnato a promuovere la sua ultima fatica editoriale “The hidden reality: Parallel Universes and the Deep Laws of the Cosmos”.

Per i non addetti, Brian Greene è un fisico statunitense noto per le ricerche sulla simmetria speculare. Insegna alla Columbia University da quasi una ventina d’anni ma è più conosciuto al grande pubblico per l’infaticabile opera di divulgazione delle teorie della Nuova Fisica ed in particolare della Teoria delle Stringhe. Altri suoi testi molto famosi sono “The Elegant Universe” e “The Fabric of the Cosmos”. A mio avviso però è soprattutto con The Hidden Reality, nonché l’opera di promozione dello stesso lavoro, che Brian Greene sta dando una mano sostanziale al tentativo di dare visibilità e popolarità ai particolarissimi discorsi della Fisica moderna; conseguenza delle cose è che i suoi convegni sono sempre seguiti da un variegato pubblico ad un tempo scettico e ammirato. Affollata è stata quindi anche la presentazione organizzata dalla Science Fundation Ireland (SFI) e coordinata da Michael John Gorman. Il tutto si è insomma trasformato in un altro importante momento molto adatto per parlare di string-theory, multiverso, altre-dimensioni e di metodologia di insegnamento della matematica; meglio ancora, per parlare di matematica applicata alla teoria fisica e dunque vista come porta d’accesso privilegiata alla dimensione del mistero, delle “realtà nascoste”, ma anche come speciale strumento per comprendere la realtà che ci circonda.

L’articolo che segue propone un riassunto delle diverse argomentazioni trattate in quella occasione, partendo dalla tematica di fondo che era il ruolo del mistero e della meraviglia dentro le complesse dinamiche del mondo scientifico e che in quanto tale non poteva non partire dal famoso statement einsteiniano: “La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero. È la fonte dell’arte più vera e di tutta la scienza. Colui al quale questa emozione è estranea, colui che non è capace di fermarsi a meravigliare e di fermarsi rapito in ammirazione, vale quanto un morto: i suoi occhi sono chiusi”. A questo proposito Greene non ha fatto che concordare con il genio della relatività, ricordando come il viaggio scientifico sia viaggio che si compie al buio per il 99.9%  del tempo impiegato a compierlo. E così è non perché si facciano tanti errori, piuttosto perché l’universo è tanto ricco dell’inconcepibile che non si può che farsi trovare impreparati.

Un modo come un altro per dire che la qualità-di-certezza che viene spesso attribuita alla dimensione scientifica è in realtà cosa rara. Naturalmente, durante questo viaggio “al buio”, il problema resta sempre quello di “vedere la luce”, la quale cosa tentano di fare gli scienziati. Essi muovono dunque dalla mera “ammirazione” del creato, dallo stato catartico indotto dalla “meraviglia”, verso un tentativo di comprensione dello stesso attraverso i loro calcoli e i programmi che creano per razionalizzare le molte ipotesi e le teorie esposte in termini matematici.

Da questo punto di vista sarebbe quindi molto importante far avvicinare quanti più giovani possibile a questo bellissimo mondo. Nel suo caso, ricorda Greene, galeotte furono le giornate piovose che trascorreva da bambino in un planetario, ovvero in una di quelle stanze che riproducono la volta celeste, mostrano le stelle, il Sole, i pianeti, finanche il loro moto e la loro storia. Impossibile, davanti ad un simile spettacolo, davanti alla complessità di un Sistema dove noi risultiamo come un puntino meno che insignificante, non fermarsi a pensare, appunto. Non interrogarsi, non farsi domande sulla nostra vera natura e sull’origine dell’universo che abitiamo.

Il passo successivo è stato consequenziale per il bambino Greene, così come lo è per chiunque voglia avere parte attiva in un tal dirimere: si è tuffato nel mondo della matematica, ovvero ha studiato il linguaggio dell’universo da applicarsi poi alla materia-fisica. Il tutto accadeva proprio intorno a quel 1984 che vedeva la String Theory portarsi all’attenzione della comunità scientifica con una data caparbietà nel suo ruolo di teoria-del-tutto più convincente. Il collante tra fascinazione catartica e operatività (seppure evidenziata in forma di modelli teorici), è stato dunque lo studio della matematica, o meglio di una matematica formidabile finanche elegante nella sua straordinaria capacità di movimento-logico. Con questo particolare linguaggio universale infatti non importa da dove si proviene, gli studi che si sono fatti, le esperienze che ci hanno formato, gli stili personali, l’impostazione che si sceglie di dare al discorso; se il discorso è sviluppato in maniera corretta e coerente si arriverà sempre tutti allo stesso risultato. Così accade con la teoria delle stringhe. In verità l’unico “constraint”, ovvero l’unica possibilità di coercizione di tali calcoli matematici è data proprio dall’universo così come si propone. Dalla sua essenza formale.

Tra tutti i “viaggi al buio” scientifici quello iniziato dai teorici delle stringhe – ha ammesso Brian Greene – è senz’altro uno dei più difficili da farsi e da terminarsi. Intraprenderlo però era condizione imprescindibile per tentare di capire il perché, quando messe insieme, la Relatività Generale (sviluppata da Einstein all’inizio del 20 secolo e che col suo concetto di curved-space-time descrive al meglio i pianeti, le galassie e tutto il macrocosmo) e la Meccanica Quantistica (nata intorno agli anni ’20 e ’30 e capace di fare predizioni molto accurate rispetto al mondo atomico e subatomico di cui si occupa), dicono che una delle due è sbagliata. O meglio, dimostrano che ciascuna di queste teorie funziona perfettamente nel suo privato dominio ma non quando si tenta di spostare i principi matematici fondanti dell’una nell’altra. Ma perché è necessario unificare queste due teorie? Perché è necessario trovare una teoria-del-tutto? Perché non si possono lasciare i due realms fisici separati come suggeriscono alcuni fisici anche molto importanti e pluri-premiati? Perché – ricorda Brian Greene – vi sono dati contesti-estremi in cui questi due mondi si incontrano. Questo è il caso, per esempio, di quanto avviene con i buchi neri che quando stelle in procinto di implodere (e dunque macro-oggetti cosmici) seguono le leggi della relatività generle e quando stelle già collassate debbono per forza seguire le leggi della meccanica quantistica.

Rispetto all’affermazione della String Theory come teoria-del-tutto davvero credibile,- quindi con ottime chances di essere considerata quella corretta – il breakthrough sostanziale si ebbe quando i fisici Michael Green e John Schwartz vennero fuori con il concetto di Superstring Theory in virtù del quale la stoffa di fondo del creato non sarebbe formata da particelle subatomiche in forma di punto, quanto piuttosto da particole in forma di stringhe-vibranti. Di fatto, proprio il passaggio al concetto di “stringa” che si muove, che vibra, costituisce l’elemento chiave che – almeno su carta – ha sempre dato forza propria alla teoria delle stringhe e l’ha resa inscalfibile ai molti esercizi matematici effettuati per smentirla. O per deprimerla.

Più complesso ma anche più affascinante è il discorso delle implicazioni che la teoria delle stringhe porta seco. Una di queste è il fatto che si vivrebbe in un creato a dimensioni multiple. Per inciso il numero finale di dimensioni predetto dalla matematica utilizzata è di 11: dieci dimensioni spaziali più il tempo. Descrivere queste dimensioni è impossibile anche perché alcune sarebbero piccolissime e di certo noi non possiamo “sperimentarle”, o “viverle”. Da dire vi è che la forma di queste dimensioni determinerebbe la forma delle stringhe che vibrano e tutte insieme, extra-dimensions e stringhe, si comporterebbero diversamente nel cosiddetto Multiverso. Questo perché un’altra predizione della string-theory afferma che il nostro è solo uno di infiniti universi e che ciascuno di questi infiniti universi è retto da regole fisiche proprie.

Portate all’estremo queste teorie indicherebbero che tutto-ciò-che-potrebbe-accadere accade in un qualche universo in questo stesso istante. Come a dire che Sarah Palin in un qualche universo è in questo momento il Presidente degli Stati Uniti d’America e – aggiungo io – vi è pure un universo dove la casta politica italiana non è corrotta: semplicemente incredibile! Ma, incredibile o no, questo è ciò che ci dice la matematica elegante che supporta la teoria delle stringhe e che alla fine della fiera si è rivelata corretta (rispetto al metodo del dover predire) nelle sue predizioni dell’esistenza, per esempio, di una particella coerente con quella ipotizzata da Higgs. Inutile dire che quanto appena scritto ha implicazioni importantissime anche sul nostro sistema morale (in senso lato). Di fatto, se queste leggi della Nuova Fisica fossero vero noi non saremmo altro che un accumulo di particelle subatomiche che si muovono dentro un contesto, un universo, simulato, mentre l’unica vera illusione sarebbe, per esempio, il concetto ideale, religioso e filosofico di libero arbitrio.

Una pillola senz’altro difficile da mandare giù, concorda Brian Greene. Una pillola quanto mai amara e capace di portare rinnovate e aspre critiche sul tavolo degli string-theorists di tutto il mondo. Secondo Greene, tuttavia, queste critiche sarebbero cosa buona e giusta. Di più, egli stesso si confessa uno dei maggiori critici della teoria che divulga, vista la datata convinzione che soltanto partendo da un approccio fortemente critico si può sperare infine di “vedere la luce”. Del resto non potrebbe essere altrimenti, dato che, allo stato attuale, le nostre conoscenze sull’argomento considerato rappresentano davvero la punta dell’iceberg Nuova Fisica. Le domande senza risposta sono infatti infinite: cos’è la materia oscura? Cos’è davvero l’energia oscura? Da dove viene il tempo? Da dove viene lo spazio? Da dove vengono le particole subatomiche? Da dove veniamo noi in quanto accumuli di tali particole? Brian Greene ha quindi continuato ad interrogarsi per tutto il tempo ma ha ribadito che per quanto possa apparire sconfortante – soprattutto per chi non riesce a misurarsi con le complessità scientifiche discusse e con le formule che le supportano – la matematica applicata alle teorie della Nuova Fisica resta oggidì l’unico valido strumento capace di diventare porta aperta verso ogni realtà-nascosta.

In conclusione, mentre ha riaffermato con forza la sua convinzione che la teoria-delle-stringhe sia davvero l’agognata teoria-del-tutto, l’autore di The hidden reality non nega che quella stessa teoria non racconti comunque tutta la verità. Per esempio, non risponde e non risponderà mai ad una domanda pregnante quale: da dove viene la nostra coscienza? Di fatto, queste sono domande che i fisici non si pongono proprio perché non saprebbero cosa dire e non saprebbero da che parte cominciare a gestirle. Come a dire che in fondo c’è ancora qualche speranza e – mercé correzioni-altre di cui ancora non sa la matematica elegante – Sarah Palin non è quasi certamente Presidente degli Stati Uniti d’America in nessun altro universo, mentre una casta politica italica sana non esiste in alcun luogo del Multiverso. Non so perché ma la faccenda mi convince!

RB, Dublino 11 novembre 2012.

Links correlati:

Dalla Teoria delle Stringhe alla caccia al Bosone di Higgs passando per il “mal di testa” odierno di Stephen Hawking. E un elogio del “modello” femminile Fabiola Gianotti.

Fisica: dalla parte del CERN, 6 miliardi di Franchi Svizzeri valgono bene un bosone di Higgs. O, viceversa. E sul valore didattico del “modello scientifico” in tempi di crisi.

Featured image Brian Greene in Irlanda.

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