Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere
(1969)
[Saggistica]
* * * * * (5/5)
La scrittura è sangue che sgorga sulla carta, volta a smussare impercettibilmente le vibranti linee dell'impronta della letteratura, la quale appare sempre intatta, quasi perfetta, anno dopo anno. Eppure qualcosa si muove. Ci sono libri che segnano la base sulla quale l'inchiostro di sangue scivola, altri che ne solcano ripetitivamente i segni, timorosi di tracciarne di nuovi, altri ancora ne accarezzano le linee portanti, distendendosi verso il bianco inesplorato; infine, vi sono goccioline d'acqua che bagnano la pagina per poi asciugarsi.
Oggi vi parlerò di un'impronta che lascia una nuova impronta. Mi sono intellettualmente innamorata di Flannery O'Connor: in primo luogo, perché il suo stile è talmente scorrevole da dimostrare una naturalità nella scrittura che trovo sorprendente; inoltre, perché ho avuto l'impressione di leggere nelle sue parole i miei stessi pensieri."Nel territorio del diavolo - Sul mistero di scrivere" è una raccolta di saggi incentrati, come indica il sottotitolo, sulla scrittura e su temi dibattuti ad essa correlati, quali: cos'è una storia, la connessione tra tecnica e libertà espressiva, la presenza dei simboli all'interno di un testo, il ruolo dell'insegnamento, la differenza tra romanzo e racconto... e il rapporto tra arte e religione, problema questo ben sviscerato, dal momento che la stessa Flannery O'Connor è un'artista fortemente cattolica. Può un artista esprimersi con totale libertà ed essere allo stesso tempo cattolico? Evidentemente sì.
Si tratta di testi estrapolati dall'opera della scrittrice (da altri testi, bozze o conferenze) rielaborati in seguito. Al di là delle diverse questioni letterarie affrontate (l'insegnamento della letteratura, la narrativa del Sud, il ruolo del grottesco, ecc.), mi hanno profondamente colpito il secondo e terzo saggio: "NATURA E SCOPO DELLA NARRATIVA" e "SCRIVERE RACCONTI". Da questi emerge la più alta dimostrazione dell'equilibrato rapporto tra conoscenza e umiltà che caratterizza Flannery O'Connor. Ne sono rimasta così sorpresa da non poter riproporre in parole diverse ciò che lei esprime, già di per sé chiaro, anzi cristallino.
Il titolo desta curiosità, o perlomeno a me ne ha destata. Che la scrittura sia un mistero è comprensibile, ma come mai si fa riferimento al diavolo? Perché "la letteratura, al pari delle virtù, non prospera in un'atmosfera dove non si riconosca il diavolo come esistente, sia in se stesso sia come necessità drammatica dello scrittore". Che si creda o no in Dio e quindi anche nel diavolo, non si può negare l'esistenza del male, che è parte dell'origine dell'arte: effetto (dalla crisi spesso ne escono le opere più belle) e causa (volontà di testimoniarlo).
Se si ama la scrittura non si può ignorare questo libro, uno dei più interessanti sull'argomento, affatto ripetitivo e per niente banale, di una semplicità unica e sincerità rara. E se non si ama l'argomento, vale la pena godersi il suo stile per il puro piacere di leggere.
"Uno degli spettacoli più comuni e più tristi è vedere una persona di fine sensibilità e acume psicologico indiscutibili che tenta di scrivere narrativa usando solo tali qualità. Questo tipo di scrittore infilerà una dopo l'altra frasi intensamente emotive o acutamente percettive con risultati di assoluta piattezza. Il fatto è che i materiali dello scrittore di narrativa sono i più umili. La narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa. Non è cosa abbastanza nobile per voi".