Accordatura dell’ascoltatore.
Per l’ascolto di questo lavoro sarebbe auspicabile una breve preparazione atletica.
La frase inclusa nelle prime pagine del libretto interno non è messa lì per caso. C’è davvero bisogno di prepararsi all’ascolto di un album torrenziale come questo. Un’avventura sonora, uno sprofondare in-cosciente negli abissi di quest’artista e uomo che chi conosce in profondità la storia del “cantautorato” meno allineato di casa nostra non potrà che rispettare, senza fare troppe storie. Bisogna, dunque, essere pronti a viverle, queste canzoni, e a lasciarsi andare al contempo, che di dischi del genere, credetemi, se ne incontrano pochi in giro. “Italia Italia”, ad esempio, è prova sussurrata di uno stato di desolazione, e forte presa di coscienza di una forma di “solitudine”. Flavio Giurato è solo, insomma, con i suoi pezzi intimi e nudi, non riconciliati. Ed è chiaro che l’accostamento al geniale fisico siciliano (il testo della title-track chiosa con “nascostamente vostro, Ettore Majorana”) non può che far sorridere timidamente di piacere, dato che la storia famigliare del celebre studioso siciliano può in un certo senso assomigliare a quella di Giurato, figlio di un console e fratello di personaggi legati anche loro al mondo dello spettacolo (cinema e tv, per la precisione). Ora, quella forte ispirazione porta l’autore di “Per Futili Motivi”, “Il Tuffatore”, “Marco Polo” e del più recente “Il Manuale Del Cantautore”, a tornare cocciutamente sui propri passi di compositore problematico, di menestrello appartato e schietto quale è sempre stato, ed è bello constatare che il tempo non ha scalfito la sua ispirazione, anzi. La Scomparsa Di Majorana dimostra d’essere raccolta di canzoni senza tempo, che contiene piccole-grandi perle di scrittura – il dramma di “Tres Nuraghes” o le invettive di “La Banda Dei Topini” – spesso sostanziate con parole difficili da controllare (l’ondata emotiva accompagnata dall’acustica de “I Cavalieri Del Re”), che solo un eccentrico cantastorie come lui ha il coraggio di declamare. Vi ricordo poi che, se incominciate a confrontarlo con tanti dei nomi della canzone d’autore di casa nostra, rischiate di uscire molto confusi dall’operazione, dato che Giurato è tutto e nulla, il vero stile e un’animalità sempre difficile da controllare, tanto che gli altri vi sembreranno quasi dei “manichini”. Personalmente credo che solo grazie alla necessaria distanza dai suoi colleghi si può giudicare un disco simile, che a provare a farlo nel modo più oggettivo possibile si perde in partenza. Va aggiunto che lui ha messo in pratica un comportamento decisamente da “grande kamikaze” – non s’è venduto negli anni, insomma – e non avrebbe potuto fare altrimenti, data appunto la sua condizione di “grande appartato”. Non è un caso poi che la finale “La Grande Distribuzione” risulti essere quasi la pietra tombale sulla canzone italiana così come la conosciamo ora: dopo questo brano pochi artisti hanno ormai senso, solo i Klippa Kloppa, forse, che non a caso lo adorano, ma sono spariti dalla circolazione e chissà se mai torneranno, e non ci resta per il momento che inseguire comete più vicine come quella di un Edda Rampoldi, il più “nudo” – anche troppo – di tutti, forse, o al massimo di Jacopo Incani (Iosonouncane). Acchiappatela, se ci riuscite, questa stella che passa in fretta.
Tracklist
01. Los Alamos
02. Sidi Bel Abbès
03. Italia Italia
04. Tres Nuraghes
05. I Cavalieri Del Re
06. Gatton Gattoni
07. La Banda Dei Topini
08. La Scomparsa Di Majorana
09. In Caso Di Cura
10. La Grande Distribuzione
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