Sono ben 139 minuti, ma nei primi 20 si suda più che nel resto di tutto il film. Perchè? Flight, in sintesi, è la storia di un pilota di linea alcolizzato che riesce miracolosamente, grazie alla sua esperienza, al suo sangue freddo, alla sua incoscienza e probabilmente a un bel po’ di fortuna, a limitare i danni di un atterraggio spericolato. Sei morti su un centinaio di passeggeri, due motori fusi dopo miglia e miglia in picchiata e solo un campanile distrutto, quando tutti si davano per spacciati. Whip Whitaker, però, è un alcolizzato.
Quando Zemeckis dirige un film non si sa mai cosa aspettarsi, visto il modo in cui naviga tra i confini dei generi e visti i risultati altalenanti che raggiunge. La prima cosa che si nota e che si deve ricordare di Flight, ad ogni modo, è Denzel Washington. È bravissimo, e non è una sorpresa, ed è circondato da un cast che svolge anch’esso molto bene il suo dovere; bilancia quel pizzico di buonismo e qualche scena prevedibile nel finale, come se ci fosse troppo zucchero sul bordo del bicchiere per paura di una medicina troppo amara: non lo sarebbe, soprattutto in questo caso. Prima di arrivare al finale, però, la storia verte su un conflitto che coinvolge molto e che emerge senza troppi (ma qualcuno si) sensazionalismi, nonostante le innumerevoli volte in cui è stato rappresentato: un uomo è accusato ingiustamente ed è in pericolo davanti alla legge. Il merito della sceneggiatura, che qualche volta inciampa in dialoghi che vorrebbero essere allusivi ma che risultano un po’ espliciti e scontati, è quello di non tirarsi mai indietro quando si tratta di bastonare il protagonista. Le accuse contro Whip sono ingiuste solo in apparenza, e la domanda fondamentale da porsi non è la classica “Riuscirà il nostro eroe a ribaltare le accuse?”, ma “Se non fosse stato sobrio, sarebbe ancora vivo?”. Sembra paradossale che il problema più grande della sua vita sia proprio quello che gli consente di sopravvivere, di vivere alla giornata senza ricordare il suo passato, camminando come una lumaca sul filo di un rasoio. Era però necessario che fosse messo così alle strette per non annegare e non trascinare a fondo con sè chiunque gli si avvicinasse; che trovasse riflessa la sua dipendenza in quella di un’altra persona (Nicole / Kelly Reilly), per chiedersi “Quanto sono disposto a mentire, a sottomettermi ai miei vizi?
Flight è un film da vedere, nel complesso. E quando prenderete il prossimo aereo, forse, vi tornerà in mente. Ho già scritto quest’articolo per Cinema4stelle.