di Rina Brundu. L’indizio più convincente che la performance di Maurizio Crozza, ieri sera a Sanremo, non sia stata delle migliori è data dal fatto che quest’oggi sul Corriere.it non vi è alcun video-occhiello che lo riguardi (magari lo metteranno poi, ma per il momento non c’è!)! Insomma, sembrerebbe quasi che la redazione non abbia scovato nessun “momento” dell’intervento del comico florisiano degno di essere dato in pasto al pubblico di boccabuona, nessuna frecciatina-politica da incorniciare: meglio il silenzio! Non sia mai che il giornalismo italiano impari una volta nella vita l’arte di intervenire per stroncare quando necessario piuttosto che togliere dal frigorifero il solito panegirico confezionato a priori per gli amici e gli amici degli amici.
Di norma amo l’arte comico-cartoonistica di Maurizo Crozza ma è evidente che quest’arte ha dei limiti sostanziali che si manifestano proprio quando il comico esce dal frame necessario a fare vivere la battuta e si confronta con altra tipologia di audience. Detto altrimenti, il frame, la spalla-ingessata offerta da Giovanni Floris a Ballarò e cosa ben diversa da un pubblico di spettatori paganti, spesso più accorto e sovente “interessato” a diventare esso-stesso parte dello spettacolo. La performance crozziana dell’anno scorso, sullo stesso palco, insegna, e temo resterà un ricordo indelebile nella sua carriera, tanto più che l’ombra funesta di quella giornata lungi dallo scomparire si è allungata ieri sera…
Più che un intervento comico quello di ieri è sembrato infatti un progetto preparato a tavolino per rimediare alla frittata del Sanremo 2013. Come non bastasse il rimedio è stato peggio del male quando anziché optare per un vivace, frizzante momento di satira-politica (quale giornata avrebbe potuto essere più appropriata?), Crozza ha preferito accodarsi al carrozzone retorico approntato quest’anno da Fabio Fazio per dire la sua sulla “bellezza”. Una rottura di maroni unica: un’accozzaglia di populismo nazional-populare pre-digitale che non si ricorda a memoria d’uomo. Neppure Pippo Baudo o Toto Cutugno debbono avere mai osato tanto e nel confronto “La felicità” di Albano e Romina la scopriamo ora perfettamente giustificata… sapevano, insomma, che il peggio doveva ancora arrivare.
Ma scegliere il “momento peggio-del-peggio” cult di questo Sanremo 2014 sarebbe compito davvero arduo per chiunque in un calderone che ha fatto del suo “meglio” per offrirne davvero tanti. Dovendo indicare il mio preferito direi che sarebbero tutti gli infiniti momenti in cui Fazio faceva una sorta di scheldoniano captioning-dell’obvious (all’incontrario), suggellando la data performance o il dato siparietto appena terminato con le oramai mitiche uscite: “E’ meraviglioso!”, “Bellissimo”, etc. etc.
Sic. Da Maurizio Crozza, Fabio Fazio e Luciana Littizzetto è d’obbligo però aspettarsi di più, molto di più. A proposito, ma in Rai c’è qualcuno che ne risponde? Il dubbio mi assilla.
Featured image, Maurizio Crozza, fonte Wikipedia.