Il panorama letterario propone da alcuni anni diversi romanzi dove attempati vecchietti si inventano strampalate avventure, oggi la Sonzogno editori ci offre un romanzo più realistico e capace di accompagnare il lettore in un viaggio insolito, introspettivo e generazionale.
Florence Gordon di Brian Morton si è rivelato una sorpresa, sia per la storia, Florence è un’anziana femminista, attiva nonostante i suoi settantacinque anni, che per lo stile scelto.
Probabilmente il carattere di Florence, così acido e irruento, accostato a una vecchietta apparentemente candida e fragile, stupirà solo chi non ha conosciuto femministe passate e presenti. Le femministe che hanno cambiato la storia, marciando per un ideale e contemporaneamente infuocando le pagine dei giornali grazie a una cultura e un’intelligenza davvero ineguagliabili. Se mai vi è capitato di incontrare una donna così, oggi anziana, troverete un’empatia davvero incredibile nei confronti di questa insopportabile vecchia donna.
Indaffarata, sempre di corsa, intollerante, incapace di creare relazioni umane, concentrata solo ed esclusivamente su se stessa, ma tutto sommato sopportata con educata cortesia grazia alla sua mente brillante che per decenni l’ha fatta risaltare nel panorama culturale mondiale, Florence vive come sospesa tra la realtà e i suoi interessi.
Florence stava ancora riflettendo sulle cose che le aveva chiesto sua nipote: «C’è qualcosa che farai in modo diverso d’ora in poi? Non ti sembra un’opportunità per fare dei cambiamenti nella tua vita?»
Nessuna delle sue amiche avrebbe mai pensato di farle quelle domande.
Forse perché la conoscevano fin troppo bene e sapevano che i cambiamenti non le interessavano.
O forse perché, col passare del tempo, le idee che ci facciamo riguardo ai nostri amici e alle persone care si cristallizzano. Cominciamo a vederli in modo immutabile e limitato e così ci convinciamo che siano immutabili e limitati.
La realtà non disturba Florence, solo gli ideali accendono il fuoco nonostante l’età, la donna, così distante e snob, soprattutto nei confronti del genere umano, si ritrova ad amare in silenzio la nipote, giovane donna a sua volta intelligente e ansiosa di imparare e confrontarsi.
Riuscendo a intrecciare le vicende di Florence alla quotidianità di Emily, la nipote, Janine, la nuora e Daniel il figlio, l’autore offre uno spaccato impietoso della vecchiaia, la vecchiaia di chi ha vissuto una vita piena e ora si trova sconfitta non dall’uomo o dall’ignoranza, ma semplicemente dal tempo.
La malattia, così difficile affrontarla quando ogni attimo della vita appare ricco e sfrontato, l’adulterio, talmente irreale da sfuggire alla logica, la paura dell’amore e infine la paura di confessare un amore.
Florence ricevette una telefonata dallo studio del dottore. La segretaria le disse che glielo avrebbe passato subito, quindi la mise in attesa. Florence riagganciò.
Quando il telefono squillò di nuovo, pochi minuti dopo, era Noah.
«Dev’essere caduta la linea.»
«No, sono stata io. Ho messo giù.»
«Perché? Che problema hai col telefono?»
«Il telefono va benissimo. Ho un problema con i giochetti di potere. Se vuoi chiamarmi, chiamami di persona.»
I sentimenti di Emily ci appaiono così freschi, le sue paure talmente innocenti di fronte alla granitica presenza della nonna, eppure è proprio questo rapporto a conquistare, interrotto, incompreso, eppure vero e incapace di svelarsi.
Ho apprezzato ogni singola pagina di questo romanzo, forse perché sono cresciuta a pane e pensiero della differenza, forse perché anch’io vanto una zia femminista fino al midollo, una zia che ha ceduto alla vecchiaia senza permettermi di dirle quanto le ho voluto bene, o semplicemente perché è un romanzo dove ogni donna può ritrovare un suo frammento, e, al contrario di come spesso accade, dove anche l’uomo appare semplicemente travolto da tanta forza, fino a brillare a sua volta, non certo vittima di un movimento lontano e incomprensibile. Solo l’uomo illuso ne esce distrutto, ma per lui abbiamo poche soluzioni.