E’ stato il Lu.Be.C. (Lucca Beni Culturali) ad aprire le danze. Dal 18 al 20 ottobre una impegnativa serie di workshops, convegni, concerti focalizzati sul territorio toscano, ma non solo. Si è discusso dei modelli di sviluppo delle città d’arte, della funzione delle imprese nei distretti dei beni culturali, di artigianato, di nuove tecnologie e sviluppo turistico. La manifestazione, quest’anno significativamente intitolata: ” Cantiere cultura: dal dire al fare”, si è chiusa con la presentazione del progetto transfrontaliero Bonesprit (capofila la Provincia di Lucca), finalizzato alla valorizzazione del patrimonio napoleonico di Corsica, Liguria, Sardegna e province costiere della Toscana.
Dal 3 all’11 novembre è stata la volta di Florens 2012-Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali. Nove giorni di conferenze, workshops, convegni, tavole rotonde, lectiones magistralis (tra i tanti intervenuti: Mauro Agnoletti, Walter Santagata, Andrea Carandini, Gustavo Zagrebelsky) condite da due eventi: l’ostensione, al Battistero
circondato da ulivi secolari, dei crocifissi di Brunelleschi, Donatello e Michelangelo e, a P.za Santa Croce, la creazione di una gigantesca croce di marmo di Mimmo Paladino. Nel ringraziare per la buona riuscita della kermesse, l’organizzazione ha fatto sapere che circa 10.000 persone hanno seguito i convegni, in 30.000 hanno visitato i tre crocifissi.Ieri, giovedì 15 novembre, a Roma, al teatro Eliseo, si sono tenuti gli Stati Generali della Cultura promossi da Il Sole24Ore. La manifestazione, figlia del Manifesto, lanciato lo scorso 19 febbraio, è stata organizzata dal quotidiano, dall’Accademia dei Lincei e dall’Enciclopedia Treccani. Due le sessioni. La prima, una tavola rotonda,
“Cultura, l’emergenza dimenticata del Paese” ha visto tra i relatori Fabrizio Barca, Lorenzo Ornaghi – vivacemente contestato – Francesco Profumo ed ancora Ilaria Borletti Buitoni, Andrea Carandini, Carlo Ossola, Lamberto Maffei; conclusioni di Giorgio Napolitano. Alla seconda “Fare economia della cultura. Idee e proposte” sono intervenuti Emmanuele Emanuele, Pier Luigi Sacco, Roberto Grossi, Gabriella Belli, Antonio Cognata, Paolo Galluzzi, Walter Santagata, Massimo Monaci, Guido Guerzoni, Alessandro Laterza, Alberto Melloni; conclusioni di Corrado Passera. Pubblico straripante al punto che, per contenerlo, è stato necessario aprire anche il Piccolo Eliseo.Sempre a partire da ieri, 15 novembre fino al 18, a Paestum, si svolge la XV edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico. Come al solito, programma ricchissimo e variegatissimo. Per quattro giorni, ospite d’onore l’Armenia, si susseguiranno workshops, incontri, discussioni dibattiti, presentazioni. Dalle sessioni di “conservazione ordinaria e valorizzazione intelligente nelle aree della Magna Grecia” a cura del MIBAC, ai problemi professionali degli archeologi alle prese tra contrattazione e tariffari;
dall’enogastronomia alle prospettive delle missioni che operano sulla sponda meridionale del Mediterraneo; dalla valorizzazione del Cilento al turismo dei territori della nocciola italiana; dai rapporti di coppia in età romana ai nuovi modelli per il futuro dei musei e del turismo culturale. Innumerevoli gli ospiti.Parole parole parole soltanto parole, parole tra noi? Qualcuno lo sostiene. La rassegna Florens 2012. Fatta a pezzi dagli antichi maestri, ha titolato, qualche giorno fa, Luca Nannipieri su Libero che, preso atto dei roboanti nomi che hanno partecipato alla manifestazione fiorentina (a suo avviso, proprio loro i principali responsabili della gestione immobilistica dei beni culturali nel nostro Paese) arriva ad invocare il parricidio di tanti nobili padri; Florens i no e uno scatto che ora serve, ha scritto Tomaso Montanari su Il Corriere Fiorentino: critica aspra e serrata all’ostensione dei crocifissi, alla croce di Mimmo Paladino e giustificazione, un po’ snobistica, del suo personale rifiuto a prendere parte agli eventi.
Concordiamo? Direi di no. Solo 30, 20 anni fa erano davvero in pochi a parlare di cultura, a pensare che essa potesse seriamente configurarsi come un motore di sviluppo e di crescita non solo intellettuale, ma anche economico, come un volano per il rilancio di interi territori. Considerazioni che non si facevano proprio o che, seppure proposte sommessamente, erano recepite con sufficienza, con spallucciate o aggrottar di sopracciglia. Oggi, forse anche grazie alle parole di tali e tante manifestazioni, l’approccio ed il comune sentire alle problematiche di gestione del patrimonio dei beni culturali sono cambiati e stanno cambiando. A voler buttare via tutto si rischia, come al solito, di buttare il bimbo con l’acqua sudicia.
No. Non è questo che vorremmo. Però una riflessione ci sia consentita. Dietro ad ognuna di queste manifestazioni si muovono fiumi di finanziamenti. Costa ogni kermesse che va sciamando per lo stivale con il suo caravanserraglio di specialisti, politici, esperti, finanziatori, giornalisti, tecnici, rappresentanti delle aziende private. Costa e molto. Mi direte, ma sono soldi che, in gran parte, vengono dalle banche, dalle province, dagli industriali, dai privati. Non mi interessa sapere chi mette i soldi. Il punto non è questo.
Il punto è che, terminata la manifestazione, spente le luci, tutto è finito. Ed allora perché non destinare una piccola parte di questi fiumi di finanziamenti alla costruzione di qualcosa di duraturo? Alla creazione di qualcosa che resti anche dopo?
Anche quando il sipario è calato? Se ogni Borsa, Biennale, Rassegna riuscisse a concretizzare anche solo un’entità duratura sarebbe già un gran bel risultato.E cosa, e come? Senza escludere le mostre temporanee si potrebbe pensare di agire sul paesaggio con proposte e allestimenti di percorsi archeologici o storico-artistici da inaugurare in coincidenza della manifestazione stessa; si potrebbero adottare monumenti; sponsorizzare specifici restauri, ma soprattutto si potrebbe pensare ai giovani. E qui, anche a fronte di finanziamenti di modesta entità, le possibilità sono molteplici. Cosa sono 10, 20.000 o 30.000 euro per manifestazioni di questo tipo? Poco o nulla. E sapete quante start up di giovani che lavorano o che si affacciano a lavorare nei beni culturali potrebbero essere incoraggiate o premiate? Quanti concorsi di idee potrebbero vedersi finanziati? Quanti progetti attuati? Quante borse di studio istituite? Quante tesi di dottorato meritevoli essere pubblicate? E ancora, e questo a costo zero, perché non legare e coinvolgere in questo tipo di manifestazioni i giovani che frequentano i corsi post-laurea o i masters in management dei beni culturali?
Se anche una piccola, minima, parte dei finanziamenti vedesse nascere una sola di queste imprese, di certo non si tratterebbe più soltanto di parole, parole, parole, parole tra noi.
Elle