Intanto Aldo Grasso “stronca” sul Corriere della Sera la nuova striscia Diciannoveequaranta:
Va beh, siamo soltanto agli inizi, e in tv la prima impressione non è la sola che conti, ma se le premesse sono queste, converrà cercare altrove quelli che ormai pomposamente vengono chiamati «approfondimenti» giornalistici. Giovanni Floris in versione mezzobusto non convince, a confronto «Il fatto» di Enzo Biagi (1995) sembra tv del futuro. «19 e 40» paga l’assurdo su cui si fonda: per sviscerare il fatto del giorno, bisogna che prima ci sia il telegiornale, bisogna che la notizia venga gerarchizzata dal notiziario, altrimenti si resta nel vago. Floris non approfondisce un fatto ma un tema (che fatalmente è astratto); Floris non espone un punto di vista ma mette assieme diverse opinioni. In poco più di un quarto d’ora, Floris ha messo troppa carne al fuoco, con il risultato che era difficile capire qualcosa. Tutto è in eccesso: il testo scritto (effetto compitino scolastico), i cartelli esplicativi (ancora effetto scuola), gli ospiti (effetto interrogazione), persino la grafica (effetto filmini scolastici). La speranza è che qualcuno dei suoi autori usi forbici per potare, sfrondare, scortecciare. Anche la concitazione ha fatto la sua parte: parlare a braccio serve a trovare il ritmo giusto, a sottolineare un aspetto, a sorvolare su un altro. Siamo all’inizio e la tv si fonda sulla ripetizione, sull’abitudine. Ma anche su alcune regole. Floris, per quanto si può conoscerlo dalla tv, non accetterà mai di fare da traino a Mentana. Eppure il suo compito, nella strategia palinsestuale, è proprio quello: in una corsa ciclistica c’è chi tira la volata al più veloce della squadra.
Ancora più duro il giudizio di Riccardo Bocca, che definisce Diciannoveequaranta uno show senza sostanza e senza idee. Infatti il giornalista de L’Espresso scrive:
Il culmine dell’anacronistico, a questo telepunto, è infarcire un programma di inutilità. Tutto, ma proprio tutto può essere metabolizzato, eccetto la sensazione di sprecare tempo e attenzioni rimbalzando tra una parola e l’altra. Eppure questo, in fondo, è il progetto messo a punto da Giovanni Floris: generare sistematicamente, appena prima di cena, un quarto d’ora di sconcerto. A parte il guaio del titolo (quel “DiciannovEquaranta” di empatia rivedibile), l’emergenza in atto è la nebbia dei contenuti. Altro che evocare il fantasma del signor Biagi Enzo. Qui si vola a tal punto bassi da incastrarsi sotto i divani. [...] Sarebbe questa la gioielleria inaugurata per la maison La7? La passerella del già detto, e del visto e altrettanto sentito, per uno spazio concluso dal solito Pagnoncelli? Difficile, in queste condizioni, alimentare entusiasmi. Servono sostanza, idee, e costruzione di uno show che abbia un senso sincero. Niente a che vedere con lo spettacolo offerto finora.