Titolo: Foglie d'erba
Autore: Walt Whitman
Anno: 1855 (Prima Edizione Originale)
Walt Whitman nasce a Long Island nel 1819, da genitori olandesi e quaccheri. Si trasferisce in seguito a Brooklyn, dove si dedicherà all'insegnamento e sarà occupato nell'industria editoriale. Fervente democratico, si schiera fin da subito contro lo schiavismo, allontanandosi successivamente anche da posizioni inizialmente favorevoli alla guerra contro il Messico (1846-48), dopo che ne appura le atrocità. Insieme ad Emerson, Melville, Thoreau e Hawthorne contribuisce a dare vita a quel periodo, noto come «American Renaissance», caratterizzato da un grande splendore per la letteratura americana.
Leaves of Grass, il capolavoro indiscusso di Walt Whitman, viene pubblicato per la prima volta il 4 luglio 1855. La raccolta di poesie non riporta il nome dell'autore Whitman, bensì una sua fotografia sul frontespizio, in cui egli appare con un cappello, la barba lunga e una camicia da lavoro leggermente slacciata. Whitman vuole subito imporsi all'attenzione del lettore non come un letterato, ma come un lavoratore facente parte della gente comune. Egli è infatti in tutto e per tutto un autodidatta, che si appassiona alla scrittura anche grazie all'ascolto diretto delle conferenze di colui che viene ritenuto, non a torto, il suo più grande maestro e ispiratore: Ralph Waldo Emerson. La prima edizione di Leaves of Grass riceve difatti immediatamente l'approvazione di Emerson, nonostante i due non si conoscano di persona. Emerson invia a Whitman una famosa lettera di elogio, lettera che Whitman sceglie di pubblicare ad introduzione di una seconda edizione dell'opera, provocando però, così pare, l'ira dello stesso Emerson. Cominciavano difatti già a circolare voci circa il contenuto estremamente rivoluzionario dell'opera, oltre a critiche rivolte allo stile stesso, che portarono probabilmente Emerson a prenderne successivamente le distanze.
Tra i componimenti poetici presenti nella raccolta Leaves of Grass, quello che più di tutti, da sempre, meglio rappresenta lo spirito e le idee whitmaniane rimane senza dubbio la sezione intitolata Song of Myself, un poemetto a sé stante, composto di 52 stanze, nel quale il poeta esprime se stesso in relazione al tutto che lo circonda.
I celebrate myself, and sing myself,
And what I assume you shall assume,
For every atom belonging to me as good belongs to you.
(I, 1-3).
Canto me stesso, e celebro me stesso,
E ciò che assumo voi dovete assumere
Perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a voi.
Senza dubbio tra i più celebri incipit della poesia moderna: Whitman comincia così la sua esperienza poetica, celebrando se stesso come cantore dell'universo, ponendosi però immediatamente in relazione con un interlocutore, con il quale diviene necessario interagire. Cantare di sé significa, per Whitman, porsi innanzitutto in dialogo con l'altro.
I loafe and I invite my soul,
I lean and loafe atm y ease observing a spear of summer grass.
(I, 4-5).
Io ozio, ed esorto la mia anima,
Mi chino e indugio ad osservare un filo d'erba estivo.
My tongue, every atom of my blood, form'd from this soil, this air,
Born here of parents born here from parents the same, anche their parents the same,
I, now thirty-seven years old in perfect health begin,
Hoping to cease not till death.
(I, 6-9).
La mia lingua, ogni atomo di sangue, fatti da questo suolo, da quest'aria,
Nato qui da genitori nati qui e così i loro padri e così i padri dei padri,
Io, ora, trentasettenne in perfetta salute, ora incomincio
E spero di non cessare che alla morte.
La ricerca poetica del trentasettenne Whitman rimane profondamente radicata sul suolo nativo, di cui si sente fiero di essere parte. Il suo indugio sul filo d'erba deve essere anche quello del lettore, che è chiamato a prender parte a questa esperienza e a trarre poi le proprie conclusioni.
Ecco che l'erba viene dunque posta al centro dell'attenzione del lettore; l'erba diviene in Whitman la chiave dell'enigma della divinità. L'erba è the handkerchief of the Lord, il fazzoletto che Dio ha lasciato cadere di proposito, affinché possiamo ricordarci di Lui; nel contempo l'erba è che colei che, crescendo ovunque, rende gli uomini uguali, uguali tra loro, uguali davanti a Dio.
Comincia così quella che più volte è stata definita come un'esperienza mistica del poeta, il quale vede se stesso nel tutto che lo circonda fino a fondersi con esso nella sensazionale ricerca del divino. Il poemetto può infatti essere suddiviso in una serie di sezioni, che tendono a scandire i vari passaggi di questo stato di estasi: dal suo ingresso, ai vari stati di illuminazione, fino a giungere all'unione estatica col divino attraverso la percezione sensoriale, per concludersi poi con l'uscita da questo stato e col congedo dal lettore.
Come già ampiamente discusso da Emerson nel suo famoso saggio Nature (1836), in cui teorizzò i principi del cosiddetto Trascendentalismo, anche Whitman è convinto della presenza nell'uomo di una scintilla divina capace di renderlo egli stesso divino.
Convinto anche che il luogo dove è più possibile percepire il divino rimanga comunque la natura incontaminata e selvaggia, egli decide di affrontare un'esperienza mistica senza precedenti, anche perché chiamata a portare al suo interno non solo l'umanità nel suo genere, ma anche tutti coloro che prima di allora non avevano trovato un posto nella letteratura consolidata, come gli emarginati e i reietti. Whitman fa tutto questo assegnando una grandissima importanza alla percezione sensoriale, in particolar modo al tatto. Il corpo stesso diviene uno strumento attraverso il quale poter esprimere il divino che è in ognuno di noi.
Questa grande attenzione alla corporeità, in particolare a quella maschile, suscitò subito numerose critiche circa una possibile omosessualità del poeta.
Lads ahold of fire-engines and hook-and-ladder ropes no less to me than the gods of the antique wars,
Minding their voices peal through the crash of destruction,
Their brawny limbs passing safe over charr'd laths, their white foreheads whole and unhurt out of the flames;
(41, 1040-1042).
Giovani con pompe antincendio e scale di corda con ramponi non sono inferiori per me agli dei delle antiche battaglie,
Le loro voci squillano in mezzo al fragore dei crolli,
Le membra muscolose passano incolumi su assi bruciacchiate, le bianche fronti escono illese dalle fiamme;
Da Emerson viene ripreso anche il cosiddetto «Principio della compensazione», secondo cui la morte non esiste: essa è semplicemente vista come un passaggio da uno stato ad un altro, seguendo il principio secondo cui in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
What do you think has become of the young and old men?
And what do you think has become of the women and children?
They are alive and well somewhere.
(6, 123-125).
Che cosa pensate sia avvenuto dei giovani e dei vecchi?
E che cosa pensate sia avvenuto delle madri e dei figli?
Vivono e stanno bene in qualche luogo.
Sempre emersoniana rimane infine costante l'idea che il divino è presente in ogni cosa: in noi stessi e in tutto ciò che ci circonda.
I hear and behold God in every object, yet understand God not in the least,
Nor do I understand who there can be more wonderful than myself.
Why should I wish to see God better than this day?
I see something of God each hour of the twenty-four, and each moment then,
In the faces of men and women I see God, and in my own face in the glass,
I find letters from God dropt in the street, and every one is sign'd by God's name,
And I leave them where they are, for I know that wheresoe'er I go,
Others will punctually come for ever and ever.
(48, 1281-1288).
Ascolto e vedo Dio in ogni oggetto, eppure non capisco minimamente Dio,
Né che possa esserci qualcuno più meraviglioso di me stesso.
Perché dovrei desiderare di vedere Dio meglio di oggi?
Vedo qualcosa di Dio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni loro istante,
Vedo Dio in ogni volto umano e nel mio allo specchio,
Trovo lettere inviate da Dio per le strade, ciascuna firmata col suo nome,
E le lascio dove si trovano, perché io so che dovunque mi diriga
Altre verranno puntualmente, sempre e per sempre.
Per quanto concerne lo stile, prevale l'idea, anch'essa ben illustrata da Emerson nel saggio The Poet (1844), del cosiddetto «Principio organico in arte», secondo cui è il pensiero a creare una propria forma. Il verso di Whitman non solo è libero da schemi precostituiti, ma diviene esso stesso un pensiero logico di forma compiuta e, come tale, la sua lunghezza non può che essere variabile. Molte furono le critiche mosse al poema, circa la mancanza di un centro di rilevanza, di un filo conduttore a cui a fare riferimento. Se si guarda però a Song of Myself nel suo insieme, e lo si prova a considerare come un'esperienza estatica realmente vissuta, diviene allora più che comprensibile non potervi ritrovare un centro di rilevanza, attorno a cui far confluire i fili che Whitman tesse nel corso della sua indagine. Ecco perché al lettore non spetta che lasciarsi coinvolgere in questa esperienza, non col proposito di voler a tutti i costi avere delle risposte, ma con l'idea di lasciarsi trasportare in un'avventura tanto surreale quanto affascinante.
N.B. Immagine: Incisione di S. Hollyer, tratta dalla prima edizione di Leaves of Grass, 1855.