8 novembre 2013 Lascia un commento
Chuck Rittersdorf e’ un patriota che fa la sua parte lavorando per la CIA e scrivendo testi per simulacri mandati in missione nei paesi comunisti a propagandare l’Occidente. Una moglie avida in procinto di separarsi da lui lo coinvolgera’ in una missione statunitense su una luna una tempo adibita a curare malati mentali ma abbandonata al suo destino. Dopo decenni e’ ormai indipendente seppur abitata da quegli stessi malati e dai loro eredi che delle loro patologie hanno fatto un sistema sociale. La missione a questo punto diventera’ un intrigo politico, bellico e personale con tinte di thriller ben dosate con l’azione.
Questo e’ il Dick che preferisco. Distante dallo splendore dei racconti ma nel 1964 aveva gia’ costruito un universo autonomo abitato da Psi, simulacri, razze aliene tanto peculiari quanto divertenti, convivenze promiscue e un governo fin troppo impiccione. Ancora lontano dalla paranoia lisergica degli anni a venire, non e’ pero’ un caso che riempia un’intera luna di malattie mentali incarnate in vere e proprie etnie nell’idea che una patologia possa essere altrettanto efficacemente un modo di vivere.
Questo e’ un Dick di transizione, ironico eppure amaro nelle conclusioni e nelle scelte, il Dick che mescola la propria esistenza con quella dei suoi personaggi, sempre inguaiati, con ex mogli feroci e il solo desiderio di tranquillita’ ad ogni costo, nel bene e nel male.
E’ anche il Dick politico, meglio dire anarchico che nella societa’ civile e nel governo vede malati di mente e nei sette clan di psicotici uno specchio della realta’ che lo circondava o almeno la sua percezione.
Tante invenzioni, tanti i protagonisti e nel fondo della storia, la lotta del singolo contro un sistema, tutto il sistema, che non funziona appena ci si voglia spostare un poco a lato dal consueto. Del resto non si salva nessuno, abolendo di fatto un giudizio di fondo che colpisce tutti quindi con unanime condanna.
O almeno cosi’ sembra ma del resto egli colloca la normalita’ come uno stato alternativo ma equivalente ad un qualunque disturbo psichico, disintegrando di fatto ogni barriera tra le psicosi.
Libro che non metterei tra i primi cinque di Dick ma piacevolissimo, forse uno dei piu’ divertenti e scanzonati.
Questo e’ il Dick che preferisco. Distante dallo splendore dei racconti ma nel 1964 aveva gia’ costruito un universo autonomo abitato da Psi, simulacri, razze aliene tanto peculiari quanto divertenti, convivenze promiscue e un governo fin troppo impiccione. Ancora lontano dalla paranoia lisergica degli anni a venire, non e’ pero’ un caso che riempia un’intera luna di malattie mentali incarnate in vere e proprie etnie nell’idea che una patologia possa essere altrettanto efficacemente un modo di vivere.
Questo e’ un Dick di transizione, ironico eppure amaro nelle conclusioni e nelle scelte, il Dick che mescola la propria esistenza con quella dei suoi personaggi, sempre inguaiati, con ex mogli feroci e il solo desiderio di tranquillita’ ad ogni costo, nel bene e nel male.
E’ anche il Dick politico, meglio dire anarchico che nella societa’ civile e nel governo vede malati di mente e nei sette clan di psicotici uno specchio della realta’ che lo circondava o almeno la sua percezione.
Tante invenzioni, tanti i protagonisti e nel fondo della storia, la lotta del singolo contro un sistema, tutto il sistema, che non funziona appena ci si voglia spostare un poco a lato dal consueto. Del resto non si salva nessuno, abolendo di fatto un giudizio di fondo che colpisce tutti quindi con unanime condanna.
O almeno cosi’ sembra ma del resto egli colloca la normalita’ come uno stato alternativo ma equivalente ad un qualunque disturbo psichico, disintegrando di fatto ogni barriera tra le psicosi.
Libro che non metterei tra i primi cinque di Dick ma piacevolissimo, forse uno dei piu’ divertenti e scanzonati.