Le esperienze nell’utilizzo dei social media come strumento di comunicazione e promozione aziendale sono riferibili perlopiù agli ultimi tre anni. Non stupisce che vi sia dunque ignoranza, ma anche grande interesse, sul tema.
Come succede inevitabilmente per tutte le discipline nuove, non esistono ricette preconfezionate nè certe, si tratta di un classico processo di produzione di esperienza attraverso il “trial and repeat by errors” . E’ infatti con l’obiettivo di raccogliere esperienze che hanno funzionato che mi recherò quest’oggi al Social Business Forum 2011.
Sino ad ora l’approccio prevalente si è concentrato sulla quantità.
Da un lato si valuta il numero di fans, di followers, dall’altro si cercano gli influencers, coloro che hanno un numero elevato di contatti ai quali “a cascata” far arrivare il messaggio. La logica, mutuata da quella della comunicazione tradizionale mainstream, non è cambiata nel fondo. Non a caso si santifica in tal senso Facebook “mass social media” per eccellenza.
La frammentazione dell’audience, il patchwork degli interessi e delle comunanze delle persone, richiede di rovesciare i paradigmi nel passaggio ulteriore da azienda sociabile a quella sociale.
Dinamiche che si concretizzano, sotto il profilo della relazione on line con le persone, nell’evoluzione dagli influencers a piccoli gruppi di persone connesse tra loro con interessi comuni e legami forti. Gruppi coesi al loro interno ma non chiusi, che entrano in contatto con altri microcomunità d’interesse dando luogo ad un network articolato e numericamente rilevante.
In un contesto da “tapis roulant” [#] la corsa continua.
[#] Situazione da “tapis roulant”: scenario competitivo nel quel se si corre si resta fermi, si mantengono le posizioni, mentre se si sta fermi, come avviene sul tapis roulant appunto, si cade all’indietro, si perde competitività.