Fondamentalismo o fondamentalismi? Jihad: è il tutto o solo una parte?

Creato il 04 marzo 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Le origini del concetto di fondamentalismo

Al giorno d’oggi si parla di fondamentalismo ricollegandolo a piè pari all’idea di guerra santa, di Jihad, di Islam, spesso scatenando nel merito una certa impressione islamofoba. Non ci si chiede nemmeno da chi sia stato coniato il termine, o addirittura se sia stata proprio l’attuale politica internazionale ad averlo tirato fuori dal cilindro. Ben pochi sanno, infatti, che si parlò per la prima volta di fondamentalismo nell’alveo della religione protestante americana, e precisamente nei quarant’anni di storia che vanno dalla fine della Guerra civile americana (1878) alla conclusione del Primo conflitto mondiale (1918). Un pensiero, dunque, del tutto estraneo – almeno in origine – all’Occidente cattolico e alle terre islamiche. Nacque difatti all’interno della Chiesta battista, dove si voleva con forza prendere le distanze dall’approccio razionalista imposto alla religiosità dall’epoca moderna. Un razionalismo che da qualche tempo si era insinuato nella riflessione di diversi teologici evangelici.

Ed è allora proprio qui che venne a nascere il concetto primigenio di fondamentalismo, in un’area del tutto estranea alla connotazione politica che si è resa imperante nel corso e sul finire del XX secolo. Pertanto, non si può dire che in origine il termine fondamentalismo conservasse in sé un’accezione negativa. E’ piuttosto da ricollegarsi direttamente a una raccolta di dodici volumi – pubblicata nel 1909 – dal titolo piuttosto significativo, “The Fundamentals“. Volendo ricoprire per l’appunto il ruolo di fondamenti, questi dodici volumi si posero l’obiettivo di consolidare dogmaticamente i cardini della fede e del rapporto intimo con Dio. Un fondamentalismo dai toni spirituali, pastorali e religiosi, piuttosto che rigidamente esegetici. Una corrente di pensiero che si proponeva – nella sostanza – di facilitare la comprensione della fede e dei suoi stessi pilastri portanti. Una fede aperta alla comprensione totale, che non mirava affatto a costituire delle caste elette e pertanto era orientata a criticare ogni sorta di prospettiva puramente intellettuale.

Cardine nevralgico del fondamentalismo di prima generazione fu la riaffermazione indiscussa della centralità del testo sacro. Una Bibbia che non doveva più essere analizzata secondo l’approccio della teologia liberale, la quale riteneva opportuno sottoporre le Sacre Scritture alla medesima indagine filologica e “simbolica” degli altri testi antichi. In altri termini, il fondamentalismo rivendicò l’idea che gli eventi descritti all’interno della Bibbia non potevano che tramandare un’effettiva realtà storica. In quest’ottica unitaria, l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento non potevano che essere osservati sotto la stessa luce. Questa visione d’insieme, tuttavia, non fu scoperta dal fondamentalismo dell’ultimo ‘800, semmai fu riscoperta da quest’ultimo rileggendo gli antichi proselitismi dell’area protestante.

La concreta vittoria di questi movimenti fondamentalisti fu la nuova interpretazione del ruolo dell’archeologia in rapporto alle Sacre Scritture cristiane. Non doveva più essere intesa nei termini di una scienza volta a smentire i contenuti biblici, bensì a perorarli confermandone la storicità. Sostenuti da questi nuovi approcci di lettura, i fondamentalisti vinsero la “battaglia” dottrinale contro i Mormoni, che ritenevano di dover testimoniare un “plus-valore” intorno alla rivelazione di Cristo.

Nel tempo il fondamentalismo – di matrice propriamente religiosa – ha mutato aspetto in una corrente di pensiero d’accezione negativa, dando origine a quell’integralismo che noi oggi conosciamo. Un integralismo che non vuol essere solo islamico, ma pure cattolico, almeno dalle ultime accuse pervenute alla Chiesa di Roma in merito ad alcuni discorsi di Papa Benedetto XVI sul nichilismo e il relativismo culturale, o verso movimenti come “Comunione e Liberazione” e l’Opus Dei.

Fondamentalismo islamico

Un discorso a parte merita l’integralismo islamico, che sotto la cenere testimonia ancora le radici di un mai-spento dibattito religioso. E’ questo un fondamentalismo germinato in seguito al fallimento dell’esperienza riformista del ‘900, con la nascita dei Fratelli Musulmani in Egitto e la rivoluzione degli Anni ’70 in Iran sotto Khomeyni, che trasformò la monarchia del Paese in una repubblica islamica, trovando ispirazione nella legge coranica.

Sul tracciato della sharia imposta all’Iran post-rivoluzionario, l’integralismo islamico pone il proprio fondamento intorno all’applicazione rigida del Corano e della Sunna. Un’applicazione tale per cui il fondamentalismo etico non può che estendersi e pervadere la vita sociale. In questo senso l’Islam viene riletto come un binomio inviolabile e indissolubile di religione e mondo. Per la società islamica, dunque, il fondamento più totalizzante è l’incrollabile legame fra sacro e profano, tra sacralità e mondanità. Si assiste, allora, a un fondamentalismo che non discerne il laico da ciò che non lo è, e pertanto si evidenzia in questo un insanabile divario fra mondo islamico e Occidente.

La Jihad, dunque, trasborda ben al di là del significato puramente religioso, e denota un fondamentalismo del tutto estraneo da quello che influenzò e costituì i primi gruppi religiosi protestanti dell’ultimo ‘800. Parliamo qui di una realtà catalizzatrice di numerosi significati – a volte concreti, altre volte simbolici. Si affronta allora la questione di un tema costituito da molteplici spettri: dalla lotta spirituale vissuta nell’intimità in vista di una fede esemplare, a una guerra santa che mina profondamente le radici di un dialogo multiculturale.

Nella contemporaneità, poi, alla Jihad si è voluta attribuire una connotazione violenta e militare, per via di un influsso “prepotente” del dibattito geopolitico internazionale. Il fondamentalismo ha così conosciuto nel tempo un’inevitabile evoluzione, che l’ha portato a rinegoziare le accezioni stesse con cui era stato coniato. Non bisogna del resto dimenticare che gli hadith coranici, non riportano affatto – solo e soltanto – una relazione stretta tra fede e violenza, affrontando il tema della Jihad.

Tags:benedetto XVI,chiesa battista,chiesa protestante,fondamentalismo,integralismo,islam,Jihad Next post

Articolo piu recente.

Related Posts

AttualitàPrima PaginaSocietà & Cultura

Isis e la violenza in alta definizione

AfricaAttualitàMondoNewsRoma

BOKO HARAM: JIHADISTI DI SECONDA PAGINA

Il corriere di MilanoMilano

Ragazzo vestito da imam gira per Milano

Il corriere di Milano

Italiani all’estero, tra eroi e criminali


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :