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L’allarme è di quelli che tolgono il fiato e la prospettiva sul futuro. Ma il warning è da sottoporre a un opportuno filtro per diverse ragioni: l’Ocse parla di tutti i fondi pensione operativi nei paesi aderenti all’organizzazione e mette insieme quelli a prestazione definita e quelli a contribuzione definita. E poi c’è la parolina magica, quella difficile da digerire per gli addetti ai lavori, che appare forse non per caso nel report: solvibilità.
Ma andiamo con ordine.
Nel Business and Finance Outlook dell'Ocse si tratteggia l’effetto dei bassi tassi di interesse sui rendimenti dei fondi pensione e delle assicurazioni: le basse cedole dei titoli di Stato - è il sillogismo - corrispondono a bassi rendimenti e quindi basse prestazioni in futuro e di conseguenza una solvibilità dei fondi pensione messa a rischio. Disamina coerente, anche se un po’ frettolosa, ma che comunque riguarda soltanto i fondi pensione a prestazione definita, che promettono all’aderente un rendimento determinato al momento della contribuzione.
Focus sui fondi a prestazione definita Sono fondi pensione soprattutto anglosassoni, come Calpers il famoso fondo dei dipendenti pubblici californiani: un funzionamento di facile comprensione per l’aderente, un portafoglio investito in gran parte in titoli di Stato locali - il cui rendimento è parametrato a quelli dei T-Bond o dei Gilt britannici - su cui spesso l’emittente (l’azienda, in genere) offre in tutto o in parte una sorta di garanzia.
Per tutti questi rischi correlati, le autorità stanno cercando di trasformare i fondi a prestazione definita (Defined benefit o DB) in fondi a contribuzione definita (DEfined Contribution o DC): costoro costruiscono un montante in base all’andamento dei mercati finanziari e poi lo convertono i prestazione pensionistica; in sostanza non “promettono” nulla e quindi non hanno una stabilità che potenzialmente viene messa a rischio dai bassi tassi di interesse.
Sono i fondi pensione italiani, ad esempio, che raccolgono i contributi dei lavoratori, li rivalutano investendo in maniera diversificata sui mercati finanziari e al momento del pensionamento erogheranno una rendita.
Le mosse di quelli a contribuzione definita Per compensare i bassi tassi di interesse è quindi necessario operare sulle scelte di portafoglio: meno titoli di Stato europei e più azioni e strumenti decorrelati dai mercati.
È quanto stanno facendo le più importanti strutture previdenziali europee, dai fondi inglesi a quelli olandesi, da quelli danesi a quelli italiani: in particolare i fondi di casa nostra stanno riducendo l’esposizione ai BTp (ora scesa a circa il 28% del portafoglio) e ai Bund (un altro 7%), aumentando l’esposizione a corporate bond, ad azioni e paesi emergenti, cercando così di sfruttare le nuove normative che di recente (e con colpevole ritardo) hanno introdotto Brics ecc. nell’unverso investibile dei fondi pensione.
L’obiettivo ora è investire nell’economia reale, anche per favorire la ripresa (infrastrutture, private equity, private debt), ma in particolare per offrire ulteriore diversificazione al portafoglio.
Il che non cancella il problema dei tassi bassi, ovviamente, i quali se da una parte sono determinati a priori (fixed income) dall’altra sono storicamente decisamente inferiori a quelli delle azioni, almeno nell’orizzonte temporale di lungo termine tipico dei fondi pensioni. Che comunque, grazie al buon andamento dei mercati azionari e obbligazionari dal 2009 ad oggi, hanno ottenuto ottimi risultati.
Un patrimonio in forte crescita Nei prossimi 5 anni, si legge nel rapporto Ocse, i fondi pensione sono previsti in crescita del 26% dai 28.400 miliardi di di dollari stimati nel 2014 a 35.800 miliardi di dollari nel 2019; le compagnie assicurative cresceranno del 33% dai 28.200 miliardi di dollari del 2014 a 37.700 miliardi di dollari e i fondi comuni avranno un’espansione del 38% dai 33.400 miliardi di dollari del 2014 a 46.100 miliardi di dollari.
In questi 5 anni fondi pensione e assicurazioni secondo l’Ocse dovrebbero incontrare problemi visto che nei loro portafogli bond ad alto rendimento saranno sostituiti da bond a basso rendimento. L’aumento del patrimonio non cautela da due rischi prospettivi per la previdenza complementare.
Obiettivi in crescita Innanzitutto il sempre più basso tasso di sostituzione tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico di primo pilastro alza sempre di più l’asticella che gli aderenti ai fondi pensione devono considerare, ponendo quindi ai gestori cui si affidano queste strutture obiettivi sempre più ambiziosi. Lo scorso anno la media di tutti i comparti di investimento di tutti i fondi pensione italiani ha superato il 7,5%: molto ma molto più del misero 1,5% del Tfr, ma non è detto che questo livello possa bastare a tutti e per sempre.
Il rischio bolle speculative L'altro problema messo a fuoco dal rapporto dell'Ocse è la sfida rappresentata dall'invecchiamento della popolazione.
«Generare le risorse che servono per fronteggiare la sfida dell'invecchiamento della popolazione richiederà un migliore allocamento delle risorse verso investimenti più produttivi e senza rischi eccessivi». «Innanzitutto, molto resta da fare per rafforzare la capacità dei sistemi finanziari di assorbire gli shock ed evitare lo scoppio delle bolle speculative».
Inoltre il rapporto mette in guardia contro il rischio, presente nella fase attuale in molte compagnie, che remunerare gli azionisti tramite dividendi e buybacks, per aumentare i ritorni a breve, possa alla lunga allontanare i capitali dai reinvestimenti in attività più produttive. Ciò in particolare può danneggiare la crescita dell’innovazione e della produttività.
L’altro rischio è quello di aumentare il leverage e gli investimenti più rischiosi insistendo in prodotti ad alto rendimento e scarsa liquidità.
Rischio per le assicurazioni Diverso è il discorso riguardante le asscurazioni: a differenza dei fondi pensione DC, le compagnie rispondono in solido in base alle promesse sottoscritte con il cliente al momento della stipula. In particolare nei settori assicurativi di Italia, Germania e Stati Uniti, si legge nel rapporto, «i bassi tassi di interesse rappresentano un particolare problema, a causa dell’alto livello di prodotti di risparmio con alti livelli di ritorni garantiti presenti nel portafoglio delle compagnie assicurative del ramo vita».
Quando l’Ocse parla di stabilità per fondi pensione e assicurazioni fa di tutte le erbe un fascio, come visto.
Ciononostante il tema stabilità è un tema sensibile: da anni si discute se applicare la stringente normativa di Solvency II solo alle assicurazioni (che certo non sono contente) o anche ai fondi pensione, che stanno facendo di tutto per evitarlo. Quelli olandesi, in particolare, hanno messo in campo un’attenta attività di lobbying per tutelare la propria previdenza.
Anche quelli inglesi, che stanno passando sempre più numerosi da prestazione definita a contribuzione definita, temono che le autorità europee debbano vagliare periodicamente sulla stabilità di ogni singolo fondo pensione.
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