Ma se in un primo momento il ritocco all'insù dall'11 all'11,5%, introdotto durante l'esame in Senato, era stato giustificato con la necessità di dare la copertura necessaria a evitare l'incremento dal 20 al 26% dell'aliquota fiscale sui rendimenti finanziari delle casse previdenziali di primo pilastro, in attesa di una armonizzazione complessiva della tassazione della previdenza nel 2015, scorrendo le relazioni allegate al decreto si scopre che una parte del maggior gettito atteso sarà attribuito al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
Un fondo che è in piedi dal 2004 per volere del Ministero dell’economia. Ad alimentarlo contribuiscono i tagli alle spese e gli incrementi delle entrate. Il Fondo è stato istituito dal comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004) al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Di fatto, è un bancomat del Tesoro con cui viene finanziato di tutto.
Dalla relazione tecnica emerge infatti che il gettito complessivo stimato per il 2014 di questo 0,5% in più sarà di 24,4 milioni di euro, e di questi 20,4 milioni saranno utilizzati per compensare il mancato aumento dal 20 al 26% della tassazione dei redditi di natura finanziaria delle casse previdenziali. Restano quindi 4 milioni in più che saranno fatte confluire nel fondo di finanza pubblica, appunto.
"Una quota delle maggiori entrate derivanti da tale incremento, pari a 4 milioni di euro per l’anno 2015, confluiscono nel Fondo per interventi strutturali di politica economica", si legge nella Relazione finanziaria del decreto.
Si tratta di un precedente pericoloso, perchè finora la previdenza complementare è stata di fatto tenuta sempre fuori da ogni manovra fiscale, anzi: i fondi pensione sono stati esplicitamente esentati dall'imposta di bollo introdotta dal governo Monti con aliquota dello 0,10% e ora portata allo 0,2%.