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Ci sono libri che hanno carattere, e non è tanto una questione di spessore, di robustezza, di capacità stilistica, ma più che altro una capacità di trasmettere buone vibrazioni, di creare una fortissima alchimia tra narratore e lettore che frantuma e va ben oltre i difetti, le mancanze, le ingenuità. Non serve di sicuro presentare PoulAnderson, una carriera sterminata di hard sci-fi con decine e decine di titoli può parlare da sola, e mi è comunque difficile indagare più a fondo conoscendo molto poco l’autore, di cui ho letto giusto qualcosa e che ho piacevolmente reincontrato in questi giorni, con la simpatica lettura di Crociata spaziale, romanzo targato 1960, una storia scritta sinceramente molto male e traboccante di imperfezioni di ogni tipo, ma che possiede quel quid che mi ha fatto sorvolare su tutto ciò che non andava per la magia, e in fondo per la semplicità, di quest’irresistibile vicenda che prende vita nel 1300.
L’Inghilterra è pronta a invadere la Francia, fervono i preparativi per la grande battaglia, ogni villaggio è pronto a mandare uomini valorosi per schiacciare il nemico, quando un’astronave atterra in un paesotto governato dal barone Sir Roger de Tourneville: gli alieni sono brutti, tecnologici, bellicosi e pronti al massacro, ma sorprendentemente gli inglesi, questo scalcagnato baraccone di soldati armati di spade e archi, ha la meglio, uccide gli invasori, si prende l’astronave e parte alla conquista della galassia. Lo spunto è molto simpatico, e soprattutto nella prima parte, quella squisitamente più spassosa, Anderson dipinge bene la scena, le immagini dell’intero paese, uomini, donne e bambini, che salgono a bordo della navicella, ne imparano tragicomicamente i comandi, cercano di convincersi che non è opera dello dimonio, sono molto vive nel loro essere buffe, trainate dall’arroganza militare, dall’estro nobiliare, dal carisma di Sir Roger, a cui nessuno riesce a dire di no.
La storia rimane comunque su binari discreti, nella seconda metà si fa più seriosa, l’opera di conquista di Sir Roger è motivata da questioni giuste e oneste, viene meno il rocambolesco divertimento, sostituito da una certa tensione drammatica nei molti scontri spaziali e nelle vicende sentimentali che si intrecciano alle battaglie, ma tutto ruota bene, almeno a livello di concetto, verso un finale asciutto e legittimo. Dispiace quindi che sia proprio lo stile a rovinare, per certi versi, ogni cosa: Anderson racconta, racconta e racconta senza mai mostrare nulla, a tratti addirittura riassume gli avvenimenti, e quindi si rimane abbastanza perplessi di fronte a una scrittura superficiale, veloce, senza alcun mordente, che inizia facendo il verso a quell’elaborata narrazione medievale ricca di aggettivi e di giri di parole, ma abbandonata dopo poco anche in maniera un poco sleale – nel giro di una cinquantina di pagina si arriva a parlare di energia, di missili, di astronavi, e si perde quella simpatica paura che il buon prete narratore metteva in ogni descrizione di oggetti sconosciuti.
Eppure, come scrivevo all’inizio, vuoi i personaggi teneramente simpatici dopo tre righe, vuoi gli avvenimenti semplici e incastrati con una meccanica perfetta, Crociata spaziale è lettura spesso trascinante, che si divora in poche ore.
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