Ho parlato il bergamasco. Credo sia la lingua, dopo l’italiano che comprendo meglio al mondo. Persino dell’inglese.
Non volente.
Ma quando arrivi a 3 anni e mezzo nel cu0re di Treviglio, fai l’asilo e le elementari e le medie tra Bergamo, Stezzano e Seriate devi imparare a sopravvivere.
A 14 anni lo parlavo correntemente.
Oggi Bossi dice: “Föra da i ball” riferendosi ai migranti, ai profughi.
E’ cruento il bergamasco, duro e brusco come le sue valli che ti inghiottono e dove i milanesi si mettono in coda nei we per andare e tornare.
Io amo quelle valli. Ho amato quella lingua. Il cibo.
Mi rifiuto di pensare che i bergamaschi possano essere orgogliosi davvero di questo piccolo nazista che ha coltivato la paura di quelle valli. Vedete la Lombardia è un nord diverso dal Piemonte, dal Veneto, dalla Liguria, dalla Val d’Aosta, dal Friuli Venezia Giulia. La Lombardia è un nord incastrato tra i nord aperti almeno da un lato e la Svizzera. E’ il nord più chiuso che c’è. Un nord senza mare. Un nord senza scampo. Una forca caudina spirituale. Soprattutto Bergamo, Brescia…quei posti lì.
Mi rifiuto di pensare che la profonda tradizione cattolica dei bergamaschi, per esempio, di centinaia di volontari laici e cattolici spediti in Africa nelle missioni, si riconoscano in questo poveraccio che sogna la Padania. Mi rifiuto.
Pota.
Oggi dico facciamo diventare quel Föra da i ball l’inno della rivolta morale. Il nun te regge più della nostra generazione. Basta. Diciamolo in bergamasco. Così capiscono. I Bossi, i Tremonti, i Berlusconi, i Calderoli, i Maroni.
Föra da i ball.
Föra da i ball
Föra da i ball
Föra da i ball
Non sentite quanto è liberatorio?
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