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Formazione animatori: lo stile dell’animazione

Creato il 05 maggio 2013 da Tgs Eurogroup @tgseurogroup

Proprio mentre è in pieno svolgimento il percorso formativo dei candidati Leader TGS Eurogroup per l’Estate TGS 2013, inauguriamo oggi la rubrica “Formazione animatori”: attraverso le pagine di questo blog proporremo alcune riflessioni sul significato vero di fare animazione, prendendo spunto da siti web che si riconoscono nel Movimento Giovanile Salesiano, nelle realtà diocesane e negli oratori di tutta Italia. Un modo per fare rete e mettere a confronto le “best practices” della formazione animatori. Ci auguriamo che questo confronto di esperienze possa rivelarsi prezioso anche a completamento del percorso formativo dei nostri Leader TGS.
Partiamo oggi a parlare dello stile dell’animazione, attraverso un bell’articolo proposto dalla Cooperativa culturale In Dialogo in collaborazione con la Pastorale Giovanile – Fondazione Oratori Milanesi della Diocesi di Milano.

I 5 elementi per vivere profondamente un rapporto educativo.

S

animatore - work in progress
ensibilità nei confronti dei ragazzi. La condizione base per l’animazione. Una persona non sarebbe un animatore se non ci fosse questo interesse per i giovani.

Apertura verso tutti i ragazzi. Qualcosa di più specifico, che ci può interessare da vicino. E’ importante tenere gli occhi bene aperti sulle tante situazioni in cui si trovano i ragazzi di oggi. Siamo chiamati a stare in mezzo ai ragazzi, come educatori, e non solo tra i “miei” ragazzi ma tra tutti i ragazzi. L’oratorio non è luogo di particolarismi, di “gruppettismo”, di concorrenza con altre compagnie del paese, del quartiere. Ogni ragazzo che entra in oratorio deve avere la nostra attenzione. Il cancello è aperto per tutti. È una disposizione interiore prima ancora che un atteggiamento che appare all’esterno. Mi sento inviato a tutti, nessuno escluso.

Attenzione ad alcuni ovvero N.S.A.C.M.G.I.! Ciò non significa che le cure andranno ripartite tutte allo stesso modo, i ragazzi sono differenti ed ognuno è portatore di una propria e preziosa specificità, che va rispettata e coltivata. N.S.A.C.M.G.I. = (Non solo al calcetto ma guardati intorno!), Troppo spesso mentre i ragazzi sono nel cortile dell’oratorio, rimangono soli, vagano alla ricerca dell’educatore senza sapere cosa fare, mentre gli educatori stanno tra loro o al famigerato calcetto! Ogni angolo del cortile deve essere assistito. La presenza dell’educatore è garanzia di una vera animazione. Ritorna il vero significato dell’educare: non basta la presenza in cortile, l’educatore in qualche modo dovrà interagire, parlare, giocare, scherzare.

Offrire una molteplicità di proposte. Alle volte non raggiungiamo i ragazzi non perché siamo materialmente lontani da loro, ma perché non riusciamo ad offrire loro una molteplicità di attività e di interessi. Se il nostro oratorio si ferma solamente ad un’animazione di cortile ben difficilmente riusciremo a “catturare” l’attenzione di nuovi giovani o di giovani che pur vivendo da tanti anni nel nostro ambiente ora sembrano disaffezionarsi. Pensiamo se all’interno del nostro oratorio c’è una dimensione caritativa, c’è un animazione missionaria, c’è una formazione più centrata sulla catechesi. E pensiamo anche a chi si occupa di questi ambiti, a chi sono i frequentatori. Pensiamo alla bellezza di un oratorio che sa differenziarsi al suo interno ed è capace di accogliere tutti i giovani (laboratorio di danza, laboratorio di teatro, squadra di calcio, pallavolo, serate a tema, ecc…)

Niente va improvvisato! Molto importante che l’educatore, nel organizzazione delle giornate oltre a tener conto della struttura, che deve essere precisa e conosciuta da tutti gli educatori, abbia anche sempre chiari quali sono gli obiettivi da conseguire.

L’attività è importante per la comprensione e l’approfondimento di uno specifico argomento, non va sottovaluta e va pensata con cura, non deve essere preparata da un singolo ma va condivisa da tutti gli educatori coinvolti, può essere un’attività manuale, una discussione o un mix delle due, l’importante che sia sempre varia, mai riproporre continuamente le stesse cose, lo stesso metodo.

Il gioco è divertimento e attraverso il gioco si costruiscono rapporti con coetanei, si impara a stare con gli altri, si assume liberamente un ruolo di rispetto nei confronti del gruppo di cui si fa parte. Il gioco è un mezzo indispensabile, il primo, per instaurare un rapporto di amicizia veloce e spontaneo, premessa per passare ad altre tappe di formazione. Condividere con i ragazzi aiuta ad essere considerati “amici” e non maestri, è amare ciò che loro amano, è porsi accanto a loro per farli sentire importanti.


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