Nel mio giro quotidiano sono incappato in questo articolo di Nicola D’Amato su AreaNetwork.it.
L’articolo, interessante, parla del valore, per lo più dal punto di vista carrieristico, delle certificazioni. Hanno senso? Sono utili? E in che termini? Ovviamente non possiamo dare pareri assoluti; obbiettivamente in Italia la situazione è un po’ più articolata rispetto al resto dell’Europa o degli USA, nel nostro ben paese non sempre vige la meritocrazia e chi più merita rischia comunque di restare indietro.
Che fare quindi? Il mio parere, come anche quello dell’articolo, è di continuare ad investire su se stessi. Studiare e se possibile affrontare gli esami di certificazione. Certo è dispendioso, corsi ed esami costano tempo e denaro, ma non si può non considerare il fatto che il lavoro è diventato un mercato e c’è competizione. Non solo tra chi cerca lavoro, ma anche tra chi già ha un lavoro e si trovano ad essere valutati dai proprio responsabili.
Come scrivevo all’inizio del post, in Italia la meritocrazia non la fa da padrona, ma esiste. Ancora di più esiste all’estero dove le figure professionali italiane di livello mi risultano molto apprezzate.
E per quanto riguarda gli oneri economici, valutate bene i percorsi formativi. Non tutte le certificazioni richiedono il “corso ufficiale”, ci si può quindi organizzare per studiare in autonomia. Inoltre molte certificazioni di primo livello danno automaticamente accesso agli esami dei livelli successivi senza obbligo di frequenza del corso (che di solito è la parte più costosa del percorso formativo).
Che dire di più, bisogna farsi un po’ il mazzo ;-)