Nelle analisi giuridico-economiche del mercato del lavoro è sempre più frequente incontrare studi che si concentrano sul mancato incontro (in termini anglosassoni, mismatch) fra la preparazione di un individuo e le qualifiche richieste dalla posizione lavorativa che ricopre.
La formazione al lavoro, dunque, ricopre un ruolo dominante: da un lato può permettere ad un soggetto in cerca di lavoro di acquisire le qualifiche richieste per raggiungere la posizione che desidera; dall'altro lato, cioè dal punto di vista datoriale, riveste la funzione di rendere omogeneo il bagaglio di conoscenze/abilità del personale aziendale.
Tuttavia è sbagliato pensare che ogni tipo di formazione abbia gli stessi effetti e produca gli stessi risultati.
In primo luogo, distinguiamo tra due tipi di formazione: formazione generica e formazione specifica. La prima può essere identificata con buona approssimazione con la formazione scolastico-accademica, comprendendo anche i corsi extra scolastici ed extra universitari per il conseguimento di certificati linguistici o informatici, utile ad acquisire le capacità di base che vengono richieste per una certa posizione; mentre la seconda, avendo quale obiettivo quello di fornire le basi per un'attività specifica della posizione lavorativa ricoperta, è assimilabile ad un onere del datore, assunto più a beneficio dell'impresa che del lavoratore stesso. Il perché è di facile intuizione: le capacita acquisite tramite formazione specifica sono più difficili da spendere in altre realtà lavorative e quindi non rendono il lavoratore formato più “appetibile” agli occhi delle imprese concorrenti.
Queste considerazioni portano ad un ulteriore ragionamento: al datore di lavoro non conviene dedicarsi alla formazione di base dei propri lavoratori, dal momento che questo investimento potrebbe essere speso per ottenere posizioni in altre imprese. Sarebbe quindi un gentile omaggio alla concorrenza.
Di più: è noto che il mercato del lavoro, soprattutto italiano, è segmentato tra lavoratori stabili e lavoratori precari. Quali di questi beneficerà di formazione, e di quale tipo?
Senz'altro un datore di lavoro che ha stipulato un contratto a tempo indeterminato con un lavoratore considererà conveniente che questa risorsa sia formata ed aggiornata secondo gli standard aziendali, mentre difficilmente troverà vantaggioso spendersi per la formazione di un individuo che presto o tardi lascerà l'azienda.
La teoria concorda con le rilevazioni: i lavoratori a tempo determinato (o comunque atipici) non beneficiano di formazione aziendale specifica.
La strada formativa di questi lavoratori, infatti, incontra realtà estranee ai percorsi scolastico-accademico o datoriali: avviene perciò in contesti diversi, tramite corsi di formazione che il soggetto sceglie di frequentare, a pagamento, per incrementare le sue chances di trovare lavoro, la cui attendibilità ed efficacia, però, è messa seriamente in dubbio da alcuni studi sul così detto “training trap” (secondo la definizione OECD contenuta in Employment Protection Regulation OECD Outlook), la trappola della formazione.
Questo termine è stato coniato per descrivere la situazione di quanti, una volta terminato un percorso di formazione, non trovano sbocchi nel mercato del lavoro, bensì in altri percorsi di formazione. Il circolo vizioso è molto nocivo per la carriera: un ritardo nell'ingresso nel mercato del lavoro o la presenza di “buchi” nella carriera del lavoratore sono alla base di un altro fenomeno, lo “scarring effect” (effetto cicatrice), che, a sua volta, rende al lavoratore più difficile reinserirsi nel mercato tra un lavoro e l'altro, con “tempi morti” che vanno da alcuni mesi a più di un anno.
Studi sul “training trap” in Italia vengono condotti da quasi dieci anni (si vedano ad esempio i lavori di Caroleo e Pastore), tuttavia il fenomeno non è ancora abbastanza discusso fuori da pubblicazioni di settore.
Complici la crisi economica e l'elevato tasso di disoccupazione, molti istituti privati, spesso sovvenzionati o agevolati con fondi pubblici, hanno trovato possibilità di business offrendo formazione “improvvisata” a persone disposte a sacrificare tempo e risorse pur di ottenere le qualifiche necessarie per entrare nel mercato del lavoro. L'elevato numero di “clienti”, purtroppo, rende molto facile il lavoro di questi approfittatori.