Il mio primo impiego in una delle oltre mille società multinazionali che tuttora operano in Irlanda risale al 1997. La società si chiamava Iomega Corporation e aveva i suoi quartieri generali a San Diego in California. Iomega costruiva unità di backup chiamate Zip e Jazz drives, le quali si connettevano ai computer grazie a quelli che oggi considereremmo punti di collegamento (interfaces) datati e che in seguito, con l’arrivo dello standard di comunicazione seriale Universal Serial Bus (USB), sarebbero scomparsi dal mercato trascinando nel baratro procurato dall’esplosione della prima bolla speculativa tecnologica (anni 2000 circa), anche le dotcom (così si chiamavano le startup durante il primo boom informatico della fine degli anni ’90) che li producevano.
Come tantissime altre società americane anche Iomega aveva scelto Dublino quale nuova sede delle sue attività. La scelta era in qualche modo obbligata: in Irlanda si parlava inglese, le facilitazioni fiscali per le società straniere che decidevano di stabilirsi sul territorio erano sostanziali e il paese, per quanto piccolo e per quanto ancora avviluppato dentro le nefaste spire di una recessione storica, era da sempre centro di gravitazione preferito da migliaia di studenti provenienti da tutto il mondo. La multiculturalità della nazione che ospitava le dotcom era una conditio sine qua non operativa dato che i quartieri generali irlandesi dovevano funzionare da veri e propri quartieri generali europei. Vale a dire come sede centrale, punto d’appoggio da cui partire per colonizzare economicamente l’intero vecchio continente e farne l’acquirente ideale dei prodotti software e hardware che in quel periodo stavano inondando il mercato.
Contestualmente, noi giovani laureati europei ci occupavamo di fornire supporto e assistenza ai clienti in tutta Europa. La nostra comune sede di lavoro era Dublino, non Roma, non Parigi, non Berlino, non Madrid, come sovente erano portati a ritenere gli stessi clienti che ci chiamavano sul numero verde gratuito locale messo a disposizione dalle diverse società. Erano a loro modo tempi epici. Erano i tempi in cui gli split delle azioni Dell si susseguivano ogni sei mesi e sul piazzale della sede irlandese della società messa in piedi da Michael Dell, le decine di BMW parcheggiate offrivano uno spettacolo esaltante. Erano i tempi di un boom tecnologico che sembrava non dovesse finire mai ed erano tempi in cui tutto ciò che luccicava pareva davvero oro. Forse lo era. Erano gli stessi tempi in cui la flotta Ryan Air di Michael O’Leary cominciava ad imporsi con determinazione e sfrontatezza aprendo le porte a quel mercato low-cost che, molto tempo prima dell’accordo di Schengen, avrebbe aperto pure le frontiere di mezza Europa a milioni di individui che non avrebbero potuto visitarla altrimenti. Erano i tempi in cui il lavoro, soprattutto per chi aveva la fortuna di parlare una pluralità di lingue, non si doveva inseguire ma ti inseguiva lui.
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Rina Brundu is an Italian writer and publisher who lives in Ireland. Author of several books and hundreds of articles and literary reviews, she has a keen interest in digital writing and journalism, training and operations management. See also www.rinabrundu.com and www.rinabrunducritique.com (in English).
Product Details
- File Size: 919 KB
- Print Length: 85 pages
- Publisher: IPAZIA BOOKS; 1 edition (July 18, 2015)
- Publication Date: July 18, 2015
- Sold by: Amazon Digital Services, Inc.
- Language: Italian
- ASIN: B0121M2J0S
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- Enhanced Typesetting: Not Enabled
- Source: http://www.ipaziabooks.com

Il mio primo impiego in una delle oltre mille società multinazionali che tuttora operano in Irlanda risale al 1997. La società si chiamava Iomega Corporation e aveva i suoi quartieri generali a San Diego in California. Iomega costruiva unità di backup chiamate Zip e Jazz drives, le quali si connettevano ai computer grazie a quelli che oggi considereremmo punti di collegamento (interfaces) datati e che in seguito, con l’arrivo dello standard di comunicazione seriale Universal Serial Bus (USB), sarebbero scomparsi dal mercato trascinando nel baratro procurato dall’esplosione della prima bolla speculativa tecnologica (anni 2000 circa), anche le dotcom (così si chiamavano le startup durante il primo boom informatico della fine degli anni ’90) che li producevano.
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