Fornero: a quando la riforma del lavoro nero?

Creato il 23 febbraio 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Nuove schiavitù e mercato del lavoro è un binomio quantomai attuale. Chi pensa che i lavoratori siano sfruttati solo nei paesi a basso costo di manodopera sbaglia. Purtroppo, isole illegali si stanno diffondendo ovunque e si aggiungono ad un mercato del lavoro in crisi. Prato è una di queste…

A raccontarlo è la trasmissione televisiva “Sirene” di Raitre che, grazie all’intervento della Guardia di Finanza, documenta le condizioni di un laboratorio in cui operai cinesi lavorano, mangiano, dormono. Praticamente vivono.

Tra macchine da cucire, letti e lettini, i bimbi crescono in mezzo a topi. I finanzieri mostrano alle telecamere la colla che i padroni del laboratorio hanno steso sul ripiano di un frigorifero per tentare di immobilizzare i ratti. Anche in questo caso cibo ed escrementi sono contigui. Illegalità dopo illegalità si passa successivamente ai money trasfer e al denaro sporco e globalizzato. Il male si chiama lavoro nero, che si sposa con il fenomeno della criminalità organizzata.

E’ un esempio di un cancro sociale che non può essere escluso da una prossima riforma del mercato del lavoro. Ed è anche il paradosso di un sistema che vede coesistere almeno tre differenti tipologie di lavoratori.

I primi sono i lavoratori in regola, chiamiamoli pure “legali” o “legalizzati”. Sono una categoria alquanto eterogenea. All’interno vi si trovano sia i precari, sia quelli a tempo indeterminato. Sia quelli tutelati dall’articolo 18, sia quelli che ne sono sprovvisti. In questo marasma un livellamento di diritti sarebbe auspicabile.

Poi ci sono i lavoratori in nero. Sono un secondo gruppo che, privo di tutele previdenziali e assistenziali, si trova a svolgere, più o meno, le stesse mansioni del primo gruppo. Va da sé che rappresentino una piaga sociale, da sanare.

Infine, abbiamo i lavoratori “schiavi”, che sono molto diffusi oltre confine e in crescita in Italia. La loro esistenza dipende solo ed esclusivamente dall’attività della Guardia di Finanza, altrimenti sarebbero “schiavi fantasma”. Questo terzo gruppo contiene esseri, biologicamente, uomini e, socialmente, schiavi. E’ inutile dire che andrebbero resi prima soggetti titolari di diritti e poi lavoratori.

Tutti sono accomunati dal loro essere partecipi di processi di produzione che sfornano beni nel mercato. Questi beni sono in competizione tra loro.

Se la perizia professionale di tutte e tre le tipologie di lavoratori fosse la stessa e sulla base di questa si misurasse la qualità dei prodotti realizzati, i beni dei primi costerebbero più di quelli dei secondi e dei terzi. I beni dei secondi costerebbero più di quelli dei terzi. Pertanto i beni dei terzi sarebbero i meno costosi e, a parità di qualità, i più competitivi. Infatti, la tutela dei diritti dei lavoratori è un costo che abbassa la competitività delle imprese. Se non fosse per la Guardia di Finanza le aziende illegali verrebbero premiate dal mercato.

E’ vero che si rende necessaria una riforma del mercato del lavoro, ma è altrettanto vero che essa non può non passare per una azione di contrasto efficace del lavoro nero. Almeno all’interno del confine nazionale.

Oltre la nazione, inoltre, si rende necessario produrre meccanismi di reciprocità tra aree mercato. Reciprocità che debbono avere ad oggetto anche le condizioni dei lavoratori.

Ha ragione Draghi quando sostiene che il “modello sociale europeo” è superato. Ci dica, tuttavia, quale altro modello alternativo intende proporre. La riforma del lavoro, come la stessa Fornero sostiene, non produrrà un solo posto di lavoro in più. Che almeno serva per eliminare disequilibri interni ed esterni al sistema che rendono alcuni uomini “schiavi” e altri “disoccupati”.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :